«Ecco cosa ottieni quando prendi la più grande potenza globale mai
concepita dagli esseri umani
e la consegni a un imbecille».
Difficile
essere più lapidari di così.
Il giudizio è apparso sul Washington Times,
il quotidiano conservatore della capitale.
E «the imbecile»,
l'imbecille in questione, è la democratica Kamala Harris, vicepresidente
degli Stati Uniti.
L'accusa è giustificata da un episodio del quale in
Italia nessuno si è accorto.
O, per essere più precisi, del quale
nessuno ha dato notizia.
Perché la
missione europea della Harris è stata raccontata da tutte le testate,
ma
nessuno ha ritenuto degno d'interesse ciò che è avvenuto durante la
conferenza stampa
che il braccio destro di Joe Biden ha tenuto l'11
marzo a Varsavia, assieme al presidente polacco Andrzej Duda.
E che
invece ha fatto il giro dei media del mondo,
dal quotidiano inglese The
Telegraph
all'indiano The Indian Express,
passando per i talk show di
Pervyj Kanal, sui quali il
video della Harris è stato mostrato a ripetizione.
A
lei e a Duda è stato chiesto se gli Stati Uniti siano disposti ad
accogliere i rifugiati ucraini,
o se intendano in qualche altro modo
alleggerire la pressione della migrazione ucraina sulla Polonia.
Quando
la giornalista ha concluso la domanda,
i due interpellati si sono
guardati come se ciascuno aspettasse che l'altro rispondesse per primo.
Finché il numero 2 della Casa Bianca non è scoppiato in una fragorosa
risata
e ha detto, iniziando a sghignazzare, che «a friend in need is a
friend indeed»,
l'equivalente dell'italiano «un vero amico si vede nel
momento del bisogno».
Quindi
ha preso la parola, sempre ridendo di gusto, come è normale che faccia
una persona
alle prese con un argomento molto buffo, anziché con una
tragedia fatta di vedove, orfani, ospedali bombardati
e poveri cristi in
fuga.
«È scoppiata nella sua tipica risata schiamazzante», ha scritto
il Washington Times.
Che per questo l'ha paragonata al Joker, il cattivo
di Batman e del film interpretato da Joaquin Phoenix,
ma «senza quel
trucco sbavato e sgargiante».
Risata
«tipica» perché quello della Harris è un vizio.
La stessa cosa le era
successa in agosto, a Singapore.
Le avevano chiesto un commento sulla
situazione in Afghanistan,
dal quale Biden aveva richiamato le truppe
statunitensi, lasciando la popolazione nelle mani dei talebani,
e
nemmeno in quell'occasione era riuscita a trattenere grasse risate.
Episodi
che hanno contribuito a far impennare la quota di americani che
disapprova il suo operato,
schizzata dal 43% di inizio mandato al 52%
attuale, a fronte di un consenso crollato al 40% (peggio di Biden,
persino).
Superfluo aggiungere che la Harris, prima vicepresidente donna
degli Stati Uniti e possibile futura candidata alla presidenza, durante
il mandato di Donald Trump era sempre stata in prima fila tra coloro
che lo accusavano di «incompetenza» e «insensibilità».
Può
essere interessante fare un gioco, di pura fantasia:
immaginare cosa
sarebbe successo se a ridere in pubblico sulla tragedia degli ucraini
fosse stato proprio Trump, anziché la sua avversaria progressista.
Quanto risalto carta stampata, siti e tg avrebbero dato alla vicenda.
Quanti commenti vibranti di sdegno sarebbero spuntati ovunque.
Con la
Harris, invece, silenzio assoluto.
Zitti e buoni.
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