18 set 2015

PIGNORAMENTI

Con l’ultima riforma introdotta con il decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 in tema di misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile, nonché di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria, decreto convertito nella recentissima legge 6 agosto 2015 n. 132, il legislatore in materia di processo esecutivo ha fatto la scelta irreversibile della modalità telematica nella ricerca dei beni da sottoporre a pignoramento, modificando il codice di procedura civile e le norme di attuazione e, soprattutto in tema di esecuzione e fallimento ha introdotto, in via esclusiva, proprio gli strumenti informatici e telematici per la ricerca dei beni da sottoporre all’esecuzione forzata.
Su questo versante è da segnalare in particolare l’art. 14 del decreto in esame con il quale sono state introdotte rilevanti modifiche alle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile ed è stato modificato il primo comma dell’articolo 155-quater. Con la novella si prevede, infatti, che tutte le pubbliche amministrazioni le quali attualmente gestiscono banche dati contenenti informazioni utili ai fini della ricerca di cui all’articolo 492-bis del C.P.C. - ossia per la ricerca, con le modalità telematiche, dei beni da sottoporre a pignorare - dovranno mettere a disposizione degli ufficiali giudiziari la possibilità di accedere alle relative banche dati, su richiesta del Ministero della giustizia, con le modalità di cui all’articolo 58 del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni ed integrazioni.
Si prevede a tal fine che sino a quando non saranno definiti dall’Agenzia per l’Italia digitale gli standard di comunicazione e le regole tecniche di cui al comma 2 del predetto articolo 58, le pubbliche amministrazioni comunicheranno, tra loro, attraverso la messa a disposizione, a titolo gratuito, degli accessi alle proprie basi di dati alle altre amministrazioni.
L’Agenzia per l’Italia digitale, infatti, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e le amministrazioni interessate alle comunicazioni telematiche, ivi incluso il Ministero della giustizia, dovrà definire entro novanta giorni, dall’entrata in vigore della norma, che è entrata in vigore il 21 agosto c.a. (giusta G.U. n. 192 del 20 agosto 2015), gli standard di comunicazione e le regole tecniche a cui le pubbliche amministrazioni dovranno conformarsi.
Qualora poi l’amministrazione che gestisce i dati o il Ministero della giustizia – che deve pubblicare sul portale dei servizi telematici l’elenco delle banche dati per le quali è possibile l’accesso da parte dell’ufficiale giudiziario per le ricerche di cui all’articolo 492-bis del codice - non dispongano dei sistemi informatici per la cooperazione applicativa, l’accesso avverrà previa convenzione, tra le amministrazioni, per la fruibilità informatica dei dati posseduti.
Infine il Presidente del tribunale, o un giudice da lui delegato, potranno sempre disporre che l’ufficiale giudiziario acceda mediante collegamento telematico diretto ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, nell’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, e degli enti previdenziali, per l’acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l’individuazione delle cose e dei crediti da sottoporre ad esecuzione forzata comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti, con la conseguenza che l’accesso informatico non darà più nessuna possibilità al debitore di occultare i beni da sottoporre all’esecuzione forzata.

15 set 2015

BUFFONI

Ogni anno verso l’autunno la Consip – società controllata dal ministero del Tesoro che si occupa degli acquisti del settore pubblico – scopre di quante macchine di servizio a noleggio (senza conducente) ha bisogno la Pubblica amministrazione e poi organizza l’asta.
La richiesta per quest’anno è aumentata perché il governo renziano, per dar seguito ai propositi mediatici del Capo, ha tagliato senza criterio e ha bloccato gli acquisti, tranne che per la sicurezza (volanti della polizia) e la sanità (le ambulanze degli ospedali).

Più Palazzo Chigi taglia, o simula il taglio, più s’impenna la quota di macchine a noleggio.
È come il gioco delle tre carte.

Con le concessionarie che vincono la gara, Consip stipula una convenzione della durata di 12 mesi e fissa il limite di spesa (per il 2015, appunto, sono 106 milioni di euro), poi ciascuna amministrazione – inclusa quella centrale, cioè ministeri e governo – riceve l’auto che preferisce per un paio di anni o al massimo tre: modello utilitaria a benzina, berlina di media cilindrata a diesel oppure monovolume a metano o anche elettrica.

Consip prevede un esborso per il 2015 di 106 milioni, somma (esclusa Iva) che va ridotta di un 10-15 per cento se l’asta viene aggiudicata con un buon ribasso.
Rispetto al 2013 (gestione condivisa Monti-Letta), Consip pagherà 26 milioni in più – da 80,3 a 106 milioni – per quasi duemila vetture in più (5.900 anziché 4.075).

8 set 2015


SIRIA al bivio

Il 5 settembre il segretario di stato americano John Kerry ha telefonato al ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, avvertendolo di non intensificare il sostegno militare al governo siriano.

Kerry ci è andato giù pesante, dicendo a Lavrov che le azioni della Russia potrebbero “portare alla perdita di altre vite innocenti, all’incremento dei flussi migratori e al rischio di uno scontro con la coalizione che lotta contro lo Stato islamico in Siria”.

Finora Mosca si è limitata a inviare in Siria una squadra militare di quelle che solitamente vengono dislocate per preparare l’arrivo di un contingente molto più grande. Ha anche mandato un centro di controllo del traffico aereo e alcune unità abitative per il proprio personale presso una base aerea siriana.
 
Questo significa probabilmente che i russi si stanno preparando a intervenire per salvare il presidente Bashar al Assad. Nei quattro anni di guerra civile in Siria, il Cremlino ha fornito ad Assad sostegno diplomatico, aiuti economici e armi, ma questo non è più sufficiente. Ci vorrà almeno una rapida consegna di armi pesanti, e forse anche l’intervento dell’aviazione russa in sostegno all’esausto esercito siriano.

Ne hanno davvero bisogno.

Da maggio, quando i jihadisti del gruppo Stato islamico hanno conquistato Palmira nel centro della Siria, hanno continuato ad avanzare verso ovest a partire dalla loro nuova base.
Un mese fa hanno conquistato la città a maggioranza cristiana di Al Qaratayn, a nordest di Damasco (i cui abitanti, naturalmente, sono fuggiti). E ora le truppe dello Stato islamico sono a trenta chilometri dalla M5, l’autostrada che collega Damasco con le altre parti della Siria che sono ancora sotto il controllo del governo.

Tra l’altro, se i jihadisti hanno conquistato Palmira è perché la “coalizione contro lo Stato islamico” (in pratica l’aviazione statunitense) non ha lanciato neanche una bomba per difenderla. Ha effettuato almeno mille missioni per difendere Kobane, la città curda al confine con la Turchia assediata dai combattenti del gruppo Stato islamico, perché i curdi erano alleati di Washington.

Palmira invece era difesa dai soldati di Assad, e quindi gli Stati Uniti hanno lasciato che lo Stato islamico se ne impadronisse.
Si può facilmente immaginare l’orrore di Kerry (e di Obama) all’idea che difendendo Palmira dessero l’impressione di star proteggendo il brutale regime di Assad.

Ma se le truppe dello Stato islamico riusciranno a tagliare l’M5, questo sarà visto come un segno dell’imminente sconfitta del governo.
A quel punto quasi la metà delle persone che ancora vivono in territori controllati dal regime di Damasco (circa 17 milioni di persone) potrebbero farsi prendere dal panico e cercare di lasciare il paese. Tra questi ci sarebbero naturalmente le minoranze religiose (cristiani, alawiti e drusi): cinque milioni di persone che hanno buone ragioni di temere di essere massacrate, stuprate o ridotte in schiavitù dai jihadisti. Anche i milioni di musulmani sunniti che hanno servito il governo e l’esercito sarebbero in pericolo.

Quindi altri quattro o cinque milioni di profughi potrebbero riversarsi fuori dai confini della Siria, aggiungendosi ai quattro milioni che lo hanno già fatto.

Quel che si lascerebbero alle spalle sarebbe una Siria interamente controllata dai jihadisti. A quel punto resterebbe solo da vedere se questi seguiranno la strada dei profughi, attaccando il Libano e la Giordania, o se cominceranno a combattersi tra loro. Tutti e tre i principali gruppi islamisti – lo Stato islamico (non più sostenuto da Turchia e Arabia Saudita), il Fronte al nusra e Ahrar al-Sham (che invece lo sono ancora) – sono praticamente identici per quanto riguarda l’ideologia e gli obiettivi finali. Hanno tuttavia alcune differenze tattiche: lo scorso anno lo Stato islamico e il Fronte al nusra hanno avuto una disputa territoriale piuttosto seria, che forse potrebbe tenerli impegnati.

Ma anche se così fosse, la Siria sarebbe perduta.

È questo il rischio che i russi vedono all’orizzonte ed è per questo che forse sono decisi a combattere.

Il 4 settembre, quando gli è stato chiesto se volesse farsi coinvolgere direttamente nel conflitto siriano, il presidente russo Vladimir Putin si è limitato a dire che la domanda era “prematura”. Nessuno ama Assad, neanche i russi, ma è il male minore tra le possibilità che ancora rimangono. Per essere precisi, è l’unica alternativa che rimane alla vittoria dei jihadisti.

La maggior parte dei ribelli “moderati” hanno smesso di combattere o sono fuggiti all’estero, incapaci di competere con i jihadisti per potenza di fuoco, risorse e atrocità. L’idea che gli Stati Uniti possano creare una “terza forza” moderata capace di sconfiggere sia i jihadisti sia Assad è un’illusione che serve solo a salvare la faccia.

Mosca ha usato la diplomazia per salvare l’amministrazione Obama da se stessa due anni fa, quando Washington era pronta a bombardare l’esercito di Assad per rispondere alle accuse (forse non vere) secondo cui questo aveva usato gas contro i civili.

Ma stavolta l’unico modo in cui la Russia può evitare il disastro è mettere in campo le proprie forze aeree, e forse anche quelle di terra.

Se lo farà, la domanda principale sarà se gli Stati Uniti lasceranno che sia la Russia a svolgere un compito che per loro è troppo spinoso o se invece cederanno alle rimostranze degli alleati turchi e sauditi, opponendosi all’intervento russo.

Dal momento che gli Stati Uniti non hanno una loro strategia coerente, è impossibile prevedere come reagiranno.

Nonostante le sbruffonate di Kerry, neanche a Washington sanno ancora cosa fare.
(Traduzione di Federico Ferrone)


Morale della favola ? Che idioti questi americani .......o forse no ? Petrolio ? Gas ? Armi ? Ricostruzione ? Erba ?