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16 dic 2011

PREVISIONI A BREVE

Ho sempre trovato i commenti di WUSHU molto centrati e la persona molto competente.

"felicità a tutti

ieri sera scrivevo i miei pensieri ...la resistenza per domani scende da 14850 all'area 14550/600 ... l'arrivo in area 14300 determinerebbe la chiusura 'temporanea' della posizione short (il movimento secondo me non è ancora completo), e l'apertura di una posizione long a medio rischio, essendo ancora il trend ribassista ... la posizione long aperta andrebbe chiusa in area 14550/600, ma potrebbe (e qui la scelta è discrezionale, nel cercare un movimento più ampio) estendere nell'area indicata da FM dove andrebbe a mio avviso perentoriamente chiusa ... si dovrebbe poi rigirare short per andare a caccia dell'ultimo movimento a ribasso nell'area finale 13600/13800 (probabilità 98%), ed estensione (probabilità 45%) in area 13100/13400 (essendo piuttosto estesa, un'area più limitata di estensione finale la si può ricavare attraverso le sottostrutture in evoluzione - un po' complicato da spiegare, ma intuitivo) ... in blu ciò che non si è verificato, in rosso quello che comunque io avrei fatto ...

breve digressione personale sui principali futures:

SP500 ==> la tenuta del massimo di oggi a 1220 proietta a 1150/1170 entro il 22/12

Eurostoxx ==> la tenuta di 2255 proietta in area 2140/60 entro il 22/12

SPMIB => la tenuta dei massimi di oggi proietta in area 13600/800 entro il 22/12

Bund ==> la tenuta dei minimi di oggi proietta in area 139.20/139.40

Mio malgrado son costretto ad interrompere i miei interventi 'sine die' ... vi faccio i miei auguri di buone feste fin d'ora, se non dovessi più riuscire a collegarmi ...

Auguro a tutti sempre e comunque buona salute e felicità


Auguro ad Oreste tutto il bene del mondo e spero di rileggerti presto.

6 nov 2011

DAZI e FUORI DALL'EURO

I Paesi protezionisti sono nel boom Maurizio Blondet28 Ottobre 2011 La grande depressione che ci travaglia, non è di tutti: la crescita mondiale sarà del 5% nel 2012, secondo l’Organizzazione Mondiale del Commercio. Vuol dire che ci sono Paesi che crescono. Cina, India, Russia, Brasile, Argentina. Come per caso, sono tutti Paesi che si sono sganciati dalla chiesa dogmatica liberista ed hanno adottato misure di protezione.
tttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt tttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt tttttttttt ttttttttttttttttt tttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt tttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt tttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt tttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt tttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt ttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt ttttttttttttttttt tttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt tttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt tttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttttt tttttttttttttttttttttttttttttttttttttL’Argentina, per esempio, ha una crescita per il 2011 dell’8,3%, un livello cinese. Dal dicembre 2001 quando dichiarò la bancarotta e bloccò i conti dei risparmiatori nelle banche per svalutare la moneta (che prima era agganciata al dollaro, dunque sopravvalutata) del 70% e passa, sono stati per la popolazione mesi terribili, sull’orlo della fame. Ruppe anche con il Fondo Monetario e con le sue ricette. Uno strillo si levò dai mercati finanziari globali: non vi faremo più credito! Sarete puniti! E così è stato.

Di fatto, essere tagliata fuori dai mercati finanziari internazionali su cui indebitarsi, ha obbligato l’Argentina ad equilibrare il suo commercio estero, avendo di mira l’autarchia e per evitare di dover svendere i suoi attivi ai creditori. La sua popolazione ha dovuto stringere la cinghia per due anni, ma l’abbandono della macina da mulino del debito e la svalutazione l’ha resa più competitiva.


  Cristina Kirchner

La moneta forte agganciata al dollaro rendeva più conveniente comprare le merci all’estero che produrle in casa, con dissanguamento di valuta. Il governo Kirchner ha adottato una politica industriale autoritaria, che dà i suoi frutti: prima, importava dall’estero il 96% dei telefoni cellulari. Oggi il governo ha costretto la RiM (Research in Motion, multinazionale) – se non vuol perdere il mercato argentino – a produrre e ad assemblare in Argentina i suoi Blackberry, anche se il costo del lavoro è 15 volte superiore a quello asiatico. Come? Imponendo delle quote, ossia dei limiti, a queste importazioni al 20% del mercato.

Altre misure hanno mirato a ridurre la dipendenza estera di certi settori, dagli elettrodomestici al tessile e ai giocattoli. In quest’ultimo caso, la produzione locale è passata dal 5% dei consumi nel 2003, al 30% di oggi, e il governo punta a diminuire le importazioni del 45%. Come? Con una tassazione delle importazioni, e se non basta, con puri e semplici divieti: per esempio, è oggi illegale importare le bamboline Barbie, che si dichiarano americane, ma che sono fabbricate in Cina.

Nell’Argentina d’oggi, un’impresa è considerata straniera (e quindi soggetta a quote e dazi) dal momento che il 25% del suo capitale è detenuto all’estero. A certe aziende che importano prodotti di lusso – come la Nordenwagen, che vende le Porsche – è stato imposto di sviluppare in cambio attività da esportazione (nel caso, nel settore agricolo: vino, frutta, ortaggi).

Il governo ha recentemente posto limiti all’acquisto di terre da parte di stranieri. Ciò ha colpito (occorre dirlo?) la Cina, che ha risposto con ritorsioni, ponendo una sovrattassa all’olio di soia argentino.

È un prezzo che i dirigisti argentini ritengono di poter pagare, come l’inflazione all’8% (ma era del 45% nel biennio del dopo-default) che considerano una "necessità funzionale" in vista dei vantaggi di una moneta debole, del tasso di disoccupazione che è fortemente abbassato, e di molte attività industriali che sono state ri-localizzate in patria.
(La fin de la mondialisation commence par l'Argentine)

Il Brasile, dal 2009 ad oggi, ha visto aumentare l’importazione di auto estere dal 16% al 23%. Rimedio subito trovato: ha imposto un dazio del 30% su tutti i veicoli fabbricati al di fuori del Mercosur, il mercato comune sudamericano. Altre tasse colpiscono l’elettronica di consumo, sicchè i tablets prodotti in Brasile sono di un terzo meno cari di quelli importati dall’estero. Foxconn (il gigante cinese che ha avuto qualche problema recente con i suoi dipendenti: suicidi in massa) ha annunciato che aprirà una fabbrica in Brasile per i suoi iPads.

Come l’Argentina, il Brasile ha posto severi limiti all’acquisizione di terreni agricoli nazionali, un’altra misura anti-cinese che è costata al Paese l’annullamento di 15 miliardi di dollari di investimenti nel settore. Anche l’estrazione del petrolio nazionale è sostanzialmente vietata alle multinazionali estere, alle quali si offre, al massimo, una quota di minoranza nella compagnia nazionale Petrobras.

La Cina è notoriamente un modello di protezionismo con tutti i mezzi anche sleali: approfitta dell’apertura commerciale di Europa ed USA per esportare, mentre protegge con metodi dichiarati ed impliciti i produttori nazionali. Lo fa anzitutto tenendo artificialmente sottovalutata la sua moneta (attualmente al 50% in meno rispetto all’euro) che se fosse abbandonata alle libere fluttuazioni dei mercati sarebbe oggi molto più forte – senza che, stranamente, l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) che suole sorvegliare l’adesione al liberismo americano-anglosassone, imponga le multe miliardarie che commina ad altri Paesi per violazioni meno patenti al sacro libero commercio.

Quando lo Stato cinese ha deciso di sviluppare un’industria automobilistica nazionale, ha posto un dazio sull’importazione di auto estere pari al 100% del prezzo. I fabbricanti esteri sono stati così obbligati ad aprire fabbriche sul posto; il governo ha imposto loro di affiancarsi un partner locale, detentore di metà dell’impresa, ciò che ha assicurato il trasferimento delle tecnologie. Non basta: anche le parti di ricambio sono state colpite da dazi gravosissimi, onde far venire nel Paese l’intera filiera automobilistica. Ottenuto il suo scopo, Pechino ha abbassato i dazi sull’import di auto (che restano tuttavia del 35%) anche se i produttori locali ormai producono ed esportano a pieno ritmo i loro veicoli, inizialmente copie spudorate dei modelli occidentali.

Stessa tattica è stata usata per il settore ferroviario: nel 2009, quando la francese Alstom ha cominciato a lamentare la chiusura cinese per i suoi TGV che fabbricava in Cina, la Cina già esportava i suo TGV copia conforme dei supertreni francesi. Dal 2010 i produttori cinesi di telecom vincono dei contratti (anche statali) in Europa a danno dei produttori nazionali, mentre al contrario, in Cina, le autorità hanno creato un catalogo di prodotti informatici che le amministrazioni (statali e locali) sono autorizzate ad acquistare: non stupirà sapere che sono rigorosamente prodotti i cui marchi e brevetti sono stati depositati inizialmente in Cina e detenuti da una azienda cinese.

I Paesi del Sud-Est asiatico, inutile dirlo, seguono l’esempio cinese con straordinario zelo. Dovunque in quell’area, il 95% delle auto in circolazione sono nazionali, contrariamente a quel che si vede in Europa ed USA. Hanno capito l’ovvio: ossia che se avessero aperto anarchicamente i loro mercati interni alle merci estere, non avrebbero mai potuto costruire una forte industria; come già insegnava il tedesco Friedrich List (il creatore dell’economia politica) un’industria nascente ha bisogno di protezione per potersi sviluppare e diventare concorrenziale sui mercati mondiali.

Una lezione che l’Europa ha insegnato al mondo, e che oggi ha dimenticato a favore del dogma ultra-liberista anglosassone enunciato da Adam Smith, il grande avversario di List.

Gli esempi sudamericani sono illuminanti: là si fabbricano Blackberry e iPads che nessuno pensa più di poter costruire in Europa, visto che conviene comprarli da Cina, Taiwan, Sudcorea. Come mostrano Argentina e Brasile, è questione di volontà politica. L’Europa potrebbe imporre dall’oggi al domani delle quote su tali importazioni, obbligando i produttori stranieri desiderosi di invadere l’enorme mercato europeo, Apple, RiM o Foxconn, a far assemblare i prodotti in Europa. Dopo due decenni di de-industrializzazione, sarebbe la re-industrializzazione, e la fine dell’emorragia di posti di lavoro.

La storia dell’Argentina è interessante anche per un altro motivo, perchè somiglia a quella dell’Italia sotto il tallone dell’euro. L’Argentina aveva agganciato il suo peso al dollaro sopravvalutato, noi siamo agganciati all’euro, che è il marco tedesco: gli effetti sono simili, calo drammatico dell’export, distruzione della possibilità di crescita, disoccupazione e (nonostante gli sforzi del succhia-sangue Equitalia) prossima riduzione dell’introito fiscale, conseguenza inevitabile della recessione e della perdita di reddito: dunque necessità di tagli alle spese sociali, come raccomandato dai Draghi e dai mostri eurocratico-liberisti.

Quando l’Argentina nel 2001 ha ripudiato il debito, il PIl è caduto di colpo del 10% a causa del panico finanziario conseguente. Ma si deve sapere che prima, quando la sua moneta agganciata al dollaro era forte, il PIL era già calato di un altro 10% dal 1998 al 2001. Il tasso di disoccupazione è sceso dall’orribile 23% del 2002, all’attuale 7%. E la crescita, dopo la svalutaziuone del 72% abbiamo visto, è sull’8%.

Si noti che da allora, ossia da circa dieci anni, l’Argentina non ha più chiesto un dollaro in prestito ai mercati finanziari internazionali. È una scelta politica, che ricalca quella della Russia di Putin di qualche anno fa (oggi la Russia è scelto di tornare sui mercati, perchè è sicura di sè e sta accumulando oro fisico a man bassa nella sua Banca Centrale).

In generale, tutti i Paesi che sono in crescita adottano misure protezioniste; tutti i Paesi in crisi, Europa ed USA, adottano il liberismo (gli USA molto parzialmente sull’agricolura). Una classe politica responsabile e patriottica ne trarrebbe le conseguenze.

È l’euro, troppo forte, che ha fatto aumentare la disoccupazione in Italia, Spagna e Portogallo e Grecia, costringendo le industrie a delocalizzare (o a chiudere). È il servizio del nostro immane debito pubblico a strangolarci, con l’esborso di 90 miliardi di euro l’anno in interessi da pagare agli stranieri.

Credere che svendere il patrimonio pubblico sia la soluzione, è un miope errore, favorito dai suggeritori e dai complici (Draghi & Mostri) della finanza anglo-americana: se una famiglia non torna a guadagnare, la svendita dei gioielli di famiglia una tantum non risolve il problema, perchè esso si presenterà di qui a un anno. E non avremo più gioielli da vendere. E per crescere, bisogna che l’euro svaluti. O bisogna uscire dall’euro. O almeno minacciarlo.

E invece che facciamo?

L’accordo europeo non funzionerà.

Abbiamo accettato, con la lettera di Berlusconi, di tagliare, tagliare, tagliare, diventare più austeri, più flessibili... Nel quadro del cosiddetto accordo raggiunto da Sarkozy-Merkel, che ce lo impongono per il bene delle loro banche demenzialmente esposte.


  
Dopo questo accordo, le Borse hanno brindato salendo alle stelle, le banche hanno visto risalire le loro azioni a livelli stellari. Hanno brindato alla notizia che il FSEF (il cosiddetto fondo salva-Stati) è stato aumentato da 440 miliardi a 1.000 miliardi. Hanno ragione a brindare: per la speculazione, sono soldi che essa divorerà nei prossimi mesi, dopo di che tutto il problema tornerà come prima. Per le banche, il brindisi è dovuto alla loro ricapitalizzazione con soldi pubblici, 110 miliardi. I loro interessi sono stati protetti. I nostri no.

L’accordo non ha affrontato alcuno dei problemi strutturali che ci travagliano, ossia la crisi d’insolvenza e di contagio della zona euro. Vediamo perchè.

Le banche creditrici, così strombazzano i media, dovranno accettare un taglio del 50% sul debito greco, alleggerendo di altrettanto la povera Grecia. La cosa è diversa: sono sì tagliati della metà i crediti, ma quelli delle sole banche, non i prestiti avuti dalla BCE: un taglio di 100 miliardi e non di 180. Per la Grecia, l’allegggerimento è del 27,8%, non del 50% sul debito. Il debito greco sarà ridotto... al 120% del PIL.

Si è deciso che la Grecia è in grado di servire un debito così benignamente ridotto? E sia: pagherà, pagherà, servirà il debito, cioè restituirà il capitale e i suoi interessi (che sono saliti a livelli fantascientifici) e continuerà a pagare fino all’implosione sociale... Questo sarebbe il salvataggio della Grecia.

Il Fondo salva-Stati (cosiddetto: sarebbe il Fondo salva-banche) si trasforma in un fondo di garanzia: dei suoi teorici 440 miliardi, 200 saranno destinati a garantire il 20% dei nuovi debiti che contrarranno i Paesi in difficoltà, i PIIGS. È da qui che nasce il preteso aumento a mille miliardi strombazzato dai media.

Si tratta in realtà di un aumento della capacità di nuovo indebitamento (200 diviso 0,2), che è una follia: curare l’eccesso di debito con altro debito, e che naturalmente non basterà: lo stesso Barroso ha valutato che occorrevano 2.200 miliardi di euro per creare una paratia anti-speculativa per Grecia, Spagna e Portogallo. La speculazione internazionale avrà una garanzia parziale sul nuovo debito italiano, il che non le impedirà di continuare a pretendere il 6% (il doppio dei tedeschi) sui BTP decennali, esattamente come prima: soldi che divorerà come prima e più di prima, finchè il Fondo non si esaurirà.

La ricapitalizzazione delle banche: 110 miliardi. È insufficente; la stessa EBA, Agenzia Bancaria Europea, valuta il bisogno in 147 miliardi, e senza contare le norme strette di Basilea II, che aumentano l’obbligo di riserva dal 7% al 9% da giugno 2012. Ciò significa che le banche continueranno a negare il credito o a darlo col contagocce, perpetuando e aggravando il credit crunch che sta inabissando nella recessione l’intera Europa. È la conseguenza del fatto che l’emissione di moneta, invece che agli Stati, è stata demandate alle banche e al libero gioco del mercato. (A proposito: siete sicuri che il valore del vostro immobile, la prima o seconda casa, sia ancora quello del boom? Senza mutui facili, la vendita è resa impossibile; senza i mutui bancari, il mattone non è più l’investimento sicuro, liquidabile a piacere, in crescita continua...).
(Sapir: l'accord signé ne fait que prolonger l'agonie de l'euro)

Inoltre, l’accordo Merkozy fa un patetico appello ai Paesi emergenti, Russia, Cina, Brasile, perchè contribuiscano al nostro salvatagggio. La Cina lo farà (Russia e Brasile no) il che significa che l’Europa si priva di ogni margine di manovra rispetto a Pechino: si vieta in anticipo ogni tentativo protezionista (l’ha notato persino Cohn Bendit) e si dichiara a gambe aperte un mercato-prostituta per le merci cinesi, un puro mercato sempre più de-industrializzato, con sempre meno posti di lavoro qualificati.

L’indipendenza d’Europa è resa impossibile anticipatamente, come forse volevano i britannici e gli americani. Ray Dalio, un commentatore principe del Financial Times, il 24 ottobre scorso ha scritto che l’attuale situazione sociale di frustrazione e di rabbia contro la palese impotenza dei governi europei è "lo stesso clima per cui nel 1933 fu eletto Hitler". Quel mostro che abolì la mediazione dei cambiavalute nel commercio internazionale attuando il baratto su scala globale, e che rese la Germania l’unico Paese a pieno impiego nel gelo della Depressione 1929-39. Un rischio che i brit-americani non vogliono più correre.
(Risk on the rise as political leaders give in to mob rule)

A cosa serve dunque l’accordo, se condanna comunque la Grecia a pagare il debito, se mantiene l’euro troppo forte, il nostro indebitamento ad interessi passivi troppo alto e ci mette in mano alla Cina come mero mercato?

Serve a guadagnare sei mesi di tempo. Tanti quanti ne occorrono a Sarkozy per non presentarsi alle presidenziali del 2012 con l’aura dell’uomo che ha provocato il disastro, tanti quanti ne occorrono alla Merkel, tanti quanti ne occorrono a Berlusconi. Tutte elezioni e votazioni che avverranno nel 2012.

L’agonia dell’euro è prolungata fino ad allora. Poi, dovrà vedersela la prossima classe dirigente, cosiddetta.


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Uscire dall'EURO prima che sia troppo tardi!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

16 ott 2011

Decalogo di quello che NON bisogna fare

Ho trovato questo decalogo :

1) Incapacità di scegliere. Molti non sanno che variabili guardare per scegliere il miglior titolo, finendo quindi per comprare titoli della serie “non val la pena di parlarne agli amici”….che non hanno nulla a che vedere con i titoli trainanti.
2) Comprare in controtendenza. Un buon metodo per ottenere pessimi risultati e’ quello di acquistare quando i prezzi declinano, nella convinzione che a prezzi piu’ bassi il titolo e’ piu’ conveniente….
3) La micidiale “media prezzi”. Ancora peggio e’ quando l’investitore si convince a seguire la micidiale tecnica della “media prezzi”; non solo perde sul primo acquisto, ma finisce per perdere anche sul secondo…sul terzo…..e cosi’ via.
4) La trappola dei titoli a basso prezzo. Non pochi investitori preferiscono acquistare 100.000 titoli a 1 euro che 10 a 100 euro; finiscono cosi’ per scegliere quasi sempre titoli di bassa qualita’ soggetti ad elevatissima volatilita’. Una componente fondamentale e’ il gradimento degli investitori istituzionali.
5) La fretta dei novizi. Chi si affaccia per la prima volta al mercato ha spesso fretta di guadagnare e poca voglia di faticare. Il risultato e’ sempre lo stesso: grandi perdite in poco tempo.
6) Le dritte di borsa. La convinzione piu’ comune in assoluto e’ che in borsa guadagna chi ha le “dritte” giuste; peccato che in realta’ chi ha tali dritte si guardi bene dal comunicarle, e che alla fine quello che giunge all’orecchio dell’investitore e’ l’opposto della realta’.
7) I dividendi. Molti scelgono titoli con forti dividendi dimenticando che l’importante per un’azienda e’ il profitto e non quello che paga ai suoi azionisti; i bassi p/e non sono una variabile a se’ stante: spesso dimostrano che la societa’ non vale poi tanto.
8) Titoli famosi. I titoli con un nome piu’ conosciuto sono spesso i favoriti; la gente dimentica che il nome non e’ sinonimo di qualita’, e soprattutto non garantisce la crescita dei prezzi di borsa.
9) Mancanza di supporto informativo. Pochi investitori riescono a trovare fonti di informazioni valide, e a volte non per colpa loro. Il proprio consulente va selezionato attentamente e giudicato con criterio.
10) E’ salito troppo. Il 98% degli investitori rifiuta di entrare su un titolo che ha gia’ fatto molta strada; le statistiche dimostrano che sono proprio questi titoli ad avere piu’ chance di successo in assoluto.
11) La loss trap. Si definisce loss trap tenere i titoli che perdono. Il titolo perde troppo per poterlo liquidare.
12) Quick profit. In opposto alla tecnica precedente, gli investitori liquidano in fretta quando realizzano guadagni minori. Si trovano cosi’ con profitti risicati e perdite ingenti, per aver seguito in maniera esattamente inversa la regola d’oro per far performance:” taglia le perdite e fai correre i profitti”.
13) La paura dei costi. Le commissioni di intermediazione sono spesso viste nell’ottica sbagliata dagli investitori; la domanda che una persona dovrebbe porsi e’: ” compro questo titolo perche credo che salga del 3-4% o perche’ penso abbia spazio di crescita?” Nel primo caso e’ folle correre un rischio, nel secondo i costi sono irrisori rispetto al potenziale.
14) Il fascino delle operazioni a premio. I premi attirano spesso una larga fascia di investitori che si convincono di limitare il rischio per il semplice fatto di conoscere quanto perdono. Non realizzano che rischiano il 100% del capitale che investono ed inseriscono una variabile (tempo) che rende difficile l’operazione.
15) La mancanza di un piano. La maggior parte degli investitori manca di un piano di investimento che li aiuti nelle proprie scelte. Finiscono per adottare tecniche diverse di volta in volta, e sempre piu’ confuse.
16) Favoritismi. Non si sa perche’, ma molti hanno i loro titoli favoriti, sui quali insistono anche quando l’andamento della quotazione non e’ favorevole; questa trappola psicologica non aiuta a realizzare performance in un settore dove la freddezza e l’imparzialita’ sono tutto.
17) Notizie cruciali. Delle tante notizie che si sentono nei giornali sui vari titoli, poche sono veramente cruciali. Eppure sono in molti quelli che operano in base alle varie news che riportano i mass media. Le statistiche dimostrano che aumenti di capitale, split, annunci di dividendi etc sono meno importanti di quanto si pensi.

15 mar 2010

TRIMESTRALI OGGI

Trimestrali

- Bulgari (Esercizio 2009)

- Ascopiave (Esercizio 2009)

- Banca Popolare di Spoleto (Esercizio 2009)

- Banco di Sardegna (Esercizio 2009)

- Brembo (Esercizio 2009)

- Buongiorno (Esercizio 2009)

- Cembre (Esercizio 2009)

- Eurotech (Esercizio 2009)

- Gemina (Esercizio 2009)

- I Grandi Viaggi (1° trimestre 2009/2010)

- Irce (Esercizio 2009)

- MolMed (Esercizio 2009)

- Mondo Tv (Esercizio 2009)

- Poltrona Frau (Esercizio 2009)

- Reply (Esercizio 2009)

- Saes Getters (Esercizio 2009)

- Save (Esercizio 2009)

- Servizi Italia (Esercizio 2009)

- Stefanel (Esercizio 2009)

- Valsoia (Esercizio 2009)

29 gen 2010

TITOLI AI MINIMI

E' facile trovare ogni giorno dei titoli che fanno i minimi annuali, proprio perchè siamo ad inizio anno ed in fase discendente. Tuttavia alcuni mi sembrano importanti. Titoli importanti come Banco Popolare – Buzzi Unicem – Eems – Fiat – Intesa – Mediobanca - Mediolanum ed altri più sottili.
Astaldi in area 5,50 ci sono due livelli a fare da supporto per il titolo. Elevato livello di iper venduto
Banca Popolare di Milano, della quale più sotto trovate il grafico, con andamento in ribasso, che però è sempre lì a livello del supporto rotto in settimana. Nuovo supporto sui 4,60. Ma grandi possibilità di recupero se la borsa dovesse volgere al bello.
Camfin. Una pena. Fa rabbia vedere il grafico di questo titolo dopo l’aumento di capitale sociale. Se rompe 0,25 una serie di supporti, il primo verso 0,235. Anche di questo sotto c'è un grafico.
Exprivia gioia e dolori a vita. Il titolo va verso la chiusura del gap lasciato aperto nelle precedenti sedute. D’altra parte è sempre ripartito dal livello di 1 euro che ha sempre fatto da sparti acque.
Igd con un andamento ancora al ribasso, che rotto il supporto di 1,48 si porta verso quota 1,40.
Nice. Movimento al ribasso per il titolo con importante area di supporto a quota 2,25.
Rcs  che supporto rotto di 1,17 euro, apre il baratro verso quota 1,00 euro.
Saras dove area 2,00 euro rappresenta un ottimo punto di appoggio per il titolo, oltre il quale si trova il supporto a 1,90. E questo nonostante l’Inter vinca……

4 gen 2010

PEGGIORI PERFORMANCES

Da una mia lista di circa 200 titoli, Vi evidenzio le peggiori performances rilevate dalle quotazioni di inizio 2009 :
Mariella Burani meno 75%
Richard Ginori 75%
Antichi Pellettieri 72%
Seat 65%
Tiscali 58%
Crespi 45%
KR Energy 41%
Viaggi Ventaglio 37%
Montefibre 36%
Fullsix 34%
Zucchi 29%
Sopaf 28%
It Holding 26%
It Way 26%
Bolzoni 25%
Cogeme 24%
Aeffe 21%
Aicon 20%
Caltagirone 20%
Lottomatica 20%

Su alcuni di questi si potrebbe puntare per un buon recupero.

PERFORMANCES IN UN ANNO

Mentre questi sono i titoli che hanno avuto le migliori performances da inizio anno 2009.
Al top - 1° posto - il titolo che ha fatto registrare gioie e dolori a quasi tutti i traders :
CELL THERAP più 814%
Amplifon 266%
Banca Generali 206%
Sorin 185%
Fortis 179%
Esprinet 177%
CIR 148%
Azimut 147%
Banca Profilo 143%
Elica 131%
Fiat 123%
Tenaris 108%
CDC 107%
Saipem 103%
Exor 99%
GR Edit 93%
Buongiorno 90%

28 ott 2009

Titoli in rosso profondo

Tutti noi abbiamo titoli e titolini che seguiamo, cercando di immaginare di trovarne uno che possa darci quel qualcosa in più, solo sulla base di sensazioni. Ecco una serie di titoli che oggi hanno perso almeno e più del 5% e che domani potrebbero rimbalzare, se ci fosse una pausa :
Buzzi - Saipem - Seat - Fiat - Tenaris - Pirelli - Maire -
Esprinet - Indesit - Azimut - Banca Italease - Biesse - Buongiorno -
Cementir - Rcs - Sogefi - Dmt - Eutelia - Retelit - Conafi -
Antichi Pellettieri - Arena - Camfin - Eurofly - Cell Therap. - Safilo -
Risanamento

18 ott 2009

12 Titoli

12 titoli particolarmente interessanti per la seduta del 19 ottobre :

Datalogic - Il titolo si porta sopra 4,5 euro dove si collocava il massimo precedente.

Chl - Nella prossima seduta partirà la vendita dei diritti inoptati del recente aumento di capitale.

Erg – Buon balzo, tuttavia il movimento finale ha provocato il ritorno sotto la soglia di 10,58 euro.

Bca Pop Sondrio - il movimento laterale e' propedeutico ad un recupero prezzi nel medio.

Esprinet – Potrebbe ripetersi il movimento dello scorso mese.

Sabaf – il titolo ha raggiunto la soglia di resistenza determinata da quota 17,4 euro.

Kerself - Si e' gia' avuto il segnale di acquisto nell'ultima seduta.

Telecom Italia Media - Netto rialzo per il titolo che si porta verso quota 0,14 euro in presenza di un forte aumento di volumi.

Bee Team - Il trend delle quotazioni e' stato supportato da scambi in netto aumento.

Reno De Medici - Netto recupero per il titolo e movimento positivo.

Il Sole 24 Ore – Si sta muovendo in un cuneo molto interessante.

Eurofly - L'annuncio che la società' si sta preparando all'ennesimo aumento di capitale potrebbe provocare, un veloce movimento dei prezzi che potrebbe consentire il raggiungimento di livelli molto consistenti.

16 ott 2009

CONSOB

E' uscita la delibera nr. 17034 che rende possibile le vendite allo scoperto sui titoli oggetto di aumento di capitale sociale, su richiesta della società stessa. Ecco uno stralcio della delibera :

Delibera n. 17034
Disposizioni integrative della Delibera 16971 del 28 luglio 2009 in materia di misure relative alle vendite allo scoperto di titoli

D E L I B E R A:
1. Le società oggetto di aumenti di capitale emittenti azioni quotate nei mercati regolamentati italiani possono chiedere alla Commissione di essere escluse dall'applicazione delle disposizioni previste dalla delibera n. 16971 del 28 luglio 2009.

La presente delibera entra in vigore alle ore 00:00 del 15 ottobre 2009.

Roma, 14 ottobre 2009

9 ott 2009

Operare in borsa

Un messaggino sulla borsa? Senza grafico, solo 2 righe. La borsa é il luogo di incontro tra la domanda e l'offerta, ove si scambiano diversi strumenti finanziari. Normalmente noi poveri mortali compriamo azioni e facciamo il tifo sulla nostra posizione al rialzo. Primo suggerimento: si opera in entrambe le direzioni, dunque anche al ribasso, vendendo i titoli operando "short" tramite i broker che ce lo permettono o comprando ETF short che si muovono al rialzo mentre il loro sottostante scende. Altro consiglio e il piu' importante: METTERE SEMPRE UNO STOP LOSS. Mettetelo subito e non toglietelo mai. Se il titolo sale, alzate lo stop fino a che non verrà preso, sperando che sia ormai uno stop profit!
Ognuno di voi avrà uno stop che varia in base al tipo di operazione e al titolo che "trada". Mediamente é utile uscire dalla posizione "errata" in modo da evitare che il vostro patrimonio si volatilizzi e non abbiate modo di dire in futuro "ho 2 lire su quel titolo, ho perso quasi tutto e ormai li tengo lì". Io ho sempre notato questo: se un titolo sale, compratelo. Se sale é perché c'é qualcuno coi soldi veri che lo compra e se lo fa lui, provateci anche voi, magari sa cose che voi non sapete e accodatevi. Quando vedete che non sale piu', uscite in base allo stop loss che avete preimpostato. Se un titolo scende, non affrettatevi a comprarlo "perché il prezzo é allettante" perché se scende c'è qualcuno coi soldi veri che lo sta vendendo e probabilmente avrà i suoi buoni motivi per farlo, voi fate lo stesso e seguitelo, uscendo in stop appena verrà acchiappato in caso di cambio di direzione. Ora metto le regole di Gann. Non fa mai male leggerle. Se fossero poco chiare, magari se ne discute. Ciao!

8 ott 2009

Sito Russo

Nella parte destra del blog trovate i siti che più hanno destato curiosità ed altro.
Segnalatene altri di Vs. interesse e verranno inseriti.
E' stato inserito un sito russo, che ho trovato molto interessante e che molti di Voi già conosceranno. Non spaventateVi perchè è scritto in Russo. C'è anche la versione Inglese (per chi ne mastica qualcosa e fare uno sforzo per capire non Vi porterà certo la scarlattina), ma se utilizzate il traduttore di Google, troverete un Italiano (rappezzato) che Vi aiuterà.
Apertosi il sito, andate nella parte sinistra, sotto "citazioni", cliccate su Java. Vi evidenzierà vari listini in tempo reale. Se cliccate sulla puntina, la tabella da Voi scelta verrà esportata e potrete
portarvela su qualsiasi altro schermo. Sinora ho utilizzato questa funzione ed i grafici, sempre in Java. Buon lavoro e ...divertiteVi.