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5 mag 2010

5 MAGGIO

Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore orba di tanto spiro,
così percossa, attonita la terra al nunzio sta,
muta pensando all'ultima ora dell'uom fatale;
né sa quando una simile orma di piè mortale
la sua cruenta polvere a calpestar verrà.
Lui folgorante in solio vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua, cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sònito mista la sua non ha:
vergin di servo encomio e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al sùbito sparir di tanto raggio;
e scioglie all'urna un cantico che forse non morrà.
Dall'Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai, dall'uno all'altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida gioia d'un gran disegno,
l'ansia d'un cor che indocile serve, pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio ch'era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria, la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere, due volte sull'altar.
Ei si nomò: due secoli, l'un contro l'altro armato,
sommessi a lui si volsero, come aspettando il fato;
ei fè silenzio, ed arbitro s'assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell'ozio chiuse in sì breve sponda,
segno d'immensa invidia e di pietà profonda,
d'inestinguibil odio e d'indomato amor.
Come sul capo al naufrago l'onda s'avvolve e pesa,
l'onda su cui del misero, alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere prode remote invan;
tal su quell'alma il cumulo delle memorie scese.
Oh quante volte ai posteri narrar se stesso imprese,
e sull'eterne pagine cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito morir d'un giorno inerte,
chinati i rai fulminei, le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono l'assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili tende, e i percossi valli,
e il lampo dè manipoli e l'onda dei cavalli,
e il concitato imperio e il celere ubbidir.
Ahi! Forse a tanto strazio cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida venne una man dal cielo,
e in più spirabil aere pietosa il trasportò;
e l'avviò, pei floridi sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio che i desideri avanza,
dov'è silenzio e tenebre la gloria che passò.
Bella Immortal! Benefica Fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati; ché più superba altezza
al disonor del Gòlgota giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice accanto a lui posò.

27 nov 2009

Nemmeno so perchè

Nemmeno so perchè
Son così preso io... di te
Lo sa soltanto Dio
Tu non mi cerchi più
Avrei bisogno un pò...di te
Apri che salgo su
Parla che è meglio
Sputa il veleno

Dimmi ...o se ti viene meglio scrivi
Non hai parole almeno ascolta
Ma lasciami la porta aperta...di te
Entro con discrezione a mani nude
Non barricarti dietro a scuse
Perchè così mi togli tutto di te
Di te...di te...

Nemmeno sai perchè
Non provi niente più...per me
Com'è possibile?
Di te...ho solo briciole
Vestiti che è meglio
Copri il tuo seno

Credi non è il tuo corpo che io voglio
Mai visto niente di più bello
Ma non mi basta solo quello di te
Dimmi...o se ti viene meglio scrivi
Non hai parole almeno ascolta
Ma lasciami la porta aperta... di te
Di te...di te

Parla che è meglio
Dimmi...o se ti viene meglio scrivi
Non hai parole almeno ascolta
Ma lasciami la porta aperta... di te
Entro con discrezione a piedi nudi
Non barricarti dietro a scudi
Perchè così mi togli tutto di te
Di te...di te.

13 nov 2009

poesia turca: la dedico ad una amicizia,sperando che ,quella che sta per nascere,sia la più bella.....

1942


Il più bello dei mari

è quello che non navigammo.

Il più bello dei nostri figli

non è ancora cresciuto.

I più belli dei nostri giorni

non li abbiamo ancora vissuti.

E quello

che vorrei dirti di più bello

non te l'ho ancora detto.

Nazim Hikmet

8 nov 2009

i limoni


Questa poesia è dedicata al mio ambiente,quello del ponente ligure,dove tenere un orto è una condizione normale ,substrato alla vita stessa.L'orto deve contenere,tra le piante,necessariamente,dei limoni

Ascoltami,i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati:bossi ligustri o acanti.
Io ,per me,amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti,tra gli alberi dei limoni.

Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall'azzurro:
più chiaro si ascolta il sussurro
dei rami amici nell'aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest'odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche noi poveri la nostra parte di ricchezza.
ed è l'odore dei limoni.

Vedi ,in questi silenzi in cui le cose
s'abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto ,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo,l'anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d'intorno ,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno più languisce.

Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.

Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra
soltanto a pezzi,in alto,tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi;s'affolta
il tedio dell'inverno sulle case,
la luce si fa avara-amara l'anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d'oro della solarità.

da ossi di seppia


25 ott 2009

Ungaretti

Sono un poeta
un grido unanime
sono un grumo di sogni
Sono un frutto
d'innumerevoli contrasti d'innesti
maturato in una serra
Ma il tuo popolo è portato
dalla stessa terra
che mi porta
Italia
E in questa uniforme
di tuo soldato
mi riposo
come fosse la culla
di mio padre