Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore orba di tanto spiro,
così percossa, attonita la terra al nunzio sta,
muta pensando all'ultima ora dell'uom fatale;
né sa quando una simile orma di piè mortale
la sua cruenta polvere a calpestar verrà.
Lui folgorante in solio vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua, cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sònito mista la sua non ha:
vergin di servo encomio e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al sùbito sparir di tanto raggio;
e scioglie all'urna un cantico che forse non morrà.
Dall'Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai, dall'uno all'altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida gioia d'un gran disegno,
l'ansia d'un cor che indocile serve, pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio ch'era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria, la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere, due volte sull'altar.
Ei si nomò: due secoli, l'un contro l'altro armato,
sommessi a lui si volsero, come aspettando il fato;
ei fè silenzio, ed arbitro s'assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell'ozio chiuse in sì breve sponda,
segno d'immensa invidia e di pietà profonda,
d'inestinguibil odio e d'indomato amor.
Come sul capo al naufrago l'onda s'avvolve e pesa,
l'onda su cui del misero, alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere prode remote invan;
tal su quell'alma il cumulo delle memorie scese.
Oh quante volte ai posteri narrar se stesso imprese,
e sull'eterne pagine cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito morir d'un giorno inerte,
chinati i rai fulminei, le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono l'assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili tende, e i percossi valli,
e il lampo dè manipoli e l'onda dei cavalli,
e il concitato imperio e il celere ubbidir.
Ahi! Forse a tanto strazio cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida venne una man dal cielo,
e in più spirabil aere pietosa il trasportò;
e l'avviò, pei floridi sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio che i desideri avanza,
dov'è silenzio e tenebre la gloria che passò.
Bella Immortal! Benefica Fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati; ché più superba altezza
al disonor del Gòlgota giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice accanto a lui posò.
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