Avevano appena incassato il bando dei motori a benzina e diesel dal 2035.
E avviato, ieri, il trialogo, cioè la trattativa finale tra Consiglio, Commissione e Parlamento
che condurrà in porto, in un modo o nell’altro, anche la direttiva sugli immobili green.
Ma sapevamo che non si sarebbero fermati qui.
Ieri, infatti, il Parlamento europeo ha approvato un’altra raffica di norme
che fanno parte del pacchetto “Fit for 55”,
l’agenda climatica Ue per ridurre le emissioni di Co2 di almeno il 55 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
Ulteriori misure, tra cui la riforma dell’ETS (Emissions Trading Scheme),
che rischiano di avere un impatto pesantissimo sulle nostre vite, forse
persino maggiore, e certamente più ravvicinato,
sia del bando dei motori endotermici che della direttiva sulle case green.
In questi anni si è parlato pochissimo del contributo dell’ETS,
il meccanismo di scambio delle quote di emissione di Co2 messo in piedi dall’Ue,
all’impennata dei prezzi dell’energia in Europa.
In pratica, una tassa, secondo la logica “chi emette paga”, che si scarica a valle,
cioè sul consumatore finale di energia prodotta con fonti fossili.
Un costo che proprio durante la drammatica crisi energetica della seconda metà dello scorso anno
è rimasto non a caso occulto.
Mentre certamente le dissennate politiche che hanno accresciuto la nostra dipendenza dal gas russo
hanno giocato un ruolo importante, quello che Bruxelles e i governi europei, aiutati dai fake news media,
hanno cercato in tutti i modi di nascondere all’opinione pubblica, è che le loro stesse politiche climatiche hanno
peggiorato le cose – e di molto.
In dodici mesi, da inizio 2021 a inizio 2022,
il prezzo delle quote di Co2 è quasi triplicato,
da 30 euro a oltre 80 euro.
In un momento in cui le tensioni geopolitiche prima e le sanzioni alla Russia poi spingevano i prezzi verso l’alto,
bisognava quanto meno sospendere l’ETS.
Al contrario, a Bruxelles hanno visto nell’aumento dei prezzi
un’opportunità per accelerare la transizione green.
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