Ebbene, ieri il Parlamento europeo ha definitivamente approvato, ad ampia maggioranza, una riforma dell’ETS.
Cosa prevede?
Innanzitutto, un ETS 2 che a partire dal 2027 estenderà il sistema delle quote di emissione
di Co2 ai combustibili per trasporti stradali e riscaldamento domestico.
Cosa significa?
Se oggi l’ETS si applica alla produzione di energia elettrica e ai settori industriali energivori, come acciaio, carta
e chimica, domani si applicherà anche ai carburanti che servono per far camminare le nostre auto
ed al gas che consumiamo per riscaldare le nostre case.
Più emetti Co2, più paghi.
Una vera e propria tassa da versare alla religione climatista.
Ma non finisce qui.
L’obiettivo di riduzione delle emissioni di Co2 al 2030, rispetto ai livelli del 2005,
viene elevato al 62 per cento dall’attuale 43 per cento
per i circa 11 mila impianti industriali e di produzione di energia elettrica
già sottoposti al regime dell’ETS.
E nel sistema verranno inclusi anche il trasporto aereo e marittimo.
Infine, viene introdotta la cosiddetta “tassa alla frontiera” sulla Co2,
battezzata CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism),
un meccanismo per adeguare il costo della Co2 dei Paesi di provenienza
di alcuni prodotti – come acciaio, alluminio, cemento, fertilizzanti, etc –
al prezzo vigente nell’Ue.
In pratica, si tratta né più né meno di un dazio
(ma i nostri “veri liberali” non avranno da ridire nemmeno su questo).
Non solo quindi aumenteranno ulteriormente i costi di produzione delle
nostre industrie e dei trasporti, ma pagheremo di più anche i prodotti
importati,
con l’impatto che potete immaginare sull’inflazione,
che già oggi le banche centrali faticano a far rientrare,
essendo in misura rilevante stimolata proprio dalle politiche climatiche.
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