Il politicamente corretto si presenta in apparenza come un’innocua etichetta linguistica,
una semantica dell’eufemismo iper-rispettosa delle minoranze svantaggiate, magari un po’ eccessiva,
un po’ puritana e talvolta ridicola, ma mirante ad un ingentilimento del linguaggio.
Esso promette, come in una “Lourdes linguistica”, di superare, con un linguaggio più rispettoso,
le discriminazioni e le degradazioni ai danni degli individui appartenenti a minoranze svantaggiate e denigrate.
In apparenza il politicamente corretto nasce da una sete interiore di giustizia,
da una pulsione a difendere le vittime dell’oppressione,
da un anelito liberale e progressivo verso una società più giusta e gentile.
Ma i fatti contraddicono questi apparenti obbiettivi edificanti
e mostrano che dalle iniziali buone intenzioni di ingentilimento del linguaggio
e della società nasce un nuovo totalitarismo.
Non c’è oggi in Occidente alcun gulag,
alcuna polizia segreta,
ma stiamo assistendo alla nascita, in nuove forme, di un totalitarismo,
arbitro del linguaggio e del pensiero,
con persecuzioni sia mediatiche,
sia giudiziarie,
che mette nel mirino soprattutto i difensori della tradizione,
della cultura occidentale e, a volte, del semplice buon senso.
La civiltà occidentale è considerata dalla nuova ideologia come intrinsecamente colpevole,
reproba e anzi geneticamente razzista, sessista, omo-transfobica.
E i suoi difensori vengono accusati pretestuosamente
:
di omo-transfobia solo perché difendono la famiglia naturale
e la rilevanza del sesso biologico nel definire l’identità di genere;
di razzismo solo perché si oppongono alle ideologie esse sì razziste, anti-occidentali e anti-bianche;
vengono tacciati di colonialismo e schiavismo perché si rifiutano di avallare
le ricostruzioni storiche fantasiose e paranoidi degli “antirazzisti”;
vengono accusati di identitarismo eurocentrico
o di “tradizionalismo di stampo fascista” sol che affermino le radici cristiane o nazionali della propria identità.
Il risultato è che chi vuole preservare la sua vita sociale,
deve allinearsi e mettere a tacere il suo eventuale dissenso al cospetto di un potere immateriale, ma non meno totalitario:
quello del Partito degli intellettuali illuminati (Pii) antirazzisti, anti-omofobi e antifascisti.
Questo neo-totalitarismo si manifesta, soprattutto, nel mondo accademico e nei media,
ma anche nelle istituzioni statali e in particolare in quelle giudiziarie quando,
come in Finlandia ed in altri Paesi occidentali, si approvano leggi ideologiche e liberticide
che criminalizzano le opinioni contrarie al politicamente corretto.
Esso tende a diffondersi persino nelle imprese private intimidite dall’aggressività (e dalle lobby politicamente corrette).
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