29 ott 2024

FINTO GREEN CHE PENALIZZA IL SETTORE INDUSTRIALE E TUTTI NOI

 Chiamarli BUFFONI è riduttivo,
ma il problema vero è che nessuno si muove contro queste demenziali iniziative.

Quando si pensa ai disastri che sta causando la follia ideologica “finto-green” in Ue,
subito la mente corre alla distruzione dell’industria europea dell’auto.

È sotto gli occhi di tutti infatti il clamoroso fallimento dell’auto elettrica
che, estintasi la fiammata iniziale legata essenzialmente agli acquisti da parte delle categorie più abbienti
e delle società per il rinnovo (fortemente incentivato) delle flotte aziendali,
nessuno vuole più acquistare nonostante gli ingenti incentivi economici
che tuttora vengono generosamente elargiti dagli Stati membri.

La montagna costituita da anni di martellante pubblicità a tutti i livelli
ha quindi prodotto il topolino di una fetta di mercato a una sola cifra,
un vero e proprio fallimento epocale che era fin troppo facile pronosticare
tenendo conto del buon senso:

nessuno tra coloro che usano l’auto in maniera sistematica
desidera impelagarsi in una tecnologia
che offre autonomia effettiva di percorrenza limitatissima,
che necessita di tempi di ricarica della batteria biblici e
che non ha alcun mercato dell’usato.

 

Negli ultimi anni l’industria europea dell’auto
è stata nelle mani di una schiera di amministratori delegati inetti
  
che hanno preferito adeguarsi supinamente alle follie ideologiche del Green Deal
sperando in chissà quale rivoluzione industriale

non senza ricavare lauti guadagni personali da questa loro pedissequa fedeltà alla causa –

e finendo miseramente oggi col pietire incentivi per la sopravvivenza o, peggio,
ricattare i governi minacciando licenziamenti,
come recentemente fatto da Carlos Tavarez, l’amministratore delegato di Stellantis.

In meno di un decennio, queste mezze calzette
hanno provocato la distruzione del know-how di eccellenza
che l’industria automobilistica europea poteva a buon diritto vantare sui motori endotermici
e che ora è ridotto al lumicino a causa dei tagli ai finanziamenti interni in ricerca e sviluppo
conseguenti al taglio della produzione di auto a motore endotermico,
che ha trascinato con sé in questa rovinosa caduta anche tutto l’indotto.

Insomma: un deserto tecnologico autoinflitto
da cui sarà praticamente impossibile venire fuori
nel breve/medio periodo.
 
L’automotive non è l’unica eccellenza europea
distrutta dalle follie finto-green;


l’Ue sta perdendo competitività persino in settori impiantistici strategici in cui,
fino a qualche anno fa, dettava legge in tutto il mondo. 

 

DOVE E COME SIAMO RIDOTTI CON LE FOLLIE GREEN DELL'EUROPA

 Parliamo di intere filiere industriali
come quella siderurgica e
quella delle centrali termoelettriche.

Le vicende dell’acciaio italiano sono plasticamente simboleggiate
dal fallimento di trent’anni di politiche industriali dell’acciaieria di Taranto,
negli anni ’80 il fiore all’occhiello della siderurgia europea ed oggi ridotta all’ombra di se stessa.


Non entreremo nel merito delle vicissitudini dell’ex “Italsider” di Taranto
in termini di danno ambientale causato al territorio e beghe giudiziarie ad esso connesso,
tutte cose che esulano dallo scopo di questo articolo
e che potrete comunque seguire con molto più profitto leggendo i resoconti di bravissimi giornalisti,
tra i quali vi consiglio senza dubbio la giornalista tarantina Annarita Digiorgio,
ma ci limiteremo a registrare le patetiche contorsioni logiche
legate al dilemma “green” di come renderlo a emissioni zero di CO2.
Eh sì, perché, tuttora, esso trae il suo fabbisogno energetico bruciando carbon coke  ma, nell’ottica finto-green, adesso dovrebbe essere rimpiazzato da “energia pulita”.


Sì ma quale?

Le ipotesi sul tappeto sono due:

riconvertendo tutto in elettrico e alimentando lo stabilimento di Taranto con l’energia elettrica
prodotta dal fantomatico parco eolico offshore “Dorada”
(ricordate? Tempo fa parlammo qui di questo costruendo ecomostro che devasterà la skyline delle coste salentine, da Manduria a Santa Maria di Leuca),

oppure utilizzando il mitologico “idrogeno verde”, l’idrogeno ottenuto cioè per elettrolisi dall’acqua utilizzando energia elettrica prodotta da sole fonti rinnovabili.

Tuttavia, questa seconda ipotesi sarebbe ancora meno efficiente della prima in quanto, come è noto,
i rendimenti di conversione dell’energia elettrica in idrogeno verde trasportato via idrogenodotto sono dell’ordine del 59 per cento.

In altre parole, quasi la metà dell’energia elettrica da fonte rinnovabile così faticosamente prodotta (41 per cento) verrebbe persa nel processo di conversione.

In attesa che questo busillis venga risolto,
lo stabilimento di Taranto continua ovviamente a bruciare carbon coke
ma a capacità ridottissima
(meno di un quarto della sua massima capacità produttiva)

mentre il rimanente fabbisogno di acciaio
è soddisfatto da quello proveniente dal sudest asiatico


che lo produce bruciando, neanche a dirlo,
quello stesso carbon coke che noi non vogliamo più avere tra i piedi.


In altre parole, per paura della CO2 emessa,

il brillantissimo risultato ottenuto in questi ultimi vent’anni

è stato quello di ridurre significativamente la produzione italiana di acciaio

ed imporre la trasformazione in elettrico a tappe forzate del grosso delle acciaierie,

di modo che oggi il 75 per cento dell’acciaio (16 milioni di tonnellate annue)

è prodotto con l’energia elettrica, appunto, a prezzi elevatissimi.

È il caso degli acciai speciali e di alta qualità che hanno raggiunto ormai costi proibitivi.


I numeri fanno accapponare la pelle:

in soli 20 anni, siamo passati

da 31,6 milioni di tonnellate di acciaio prodotto nel 2006

a 20 milioni di tonnellate di acciaio prodotto nel 2023,

un calo del 37 per cento.

 

19 ott 2024

SALUTE meglio prevenire

 

L'infarto miocardico acuto (anche noto come 'attacco di cuore') è uno dei più gravi eventi cardiovascolari. In Italia, ogni anno, se ne verificano all'incirca 120 mila, di cui una buona parte è letale. 

Per chi viene colpito da infarto, ogni minuto è prezioso. 

Più si aspetta, maggiore è la quantità di muscolo cardiaco che viene danneggiata, con importanti conseguenze sulla qualità di vita. 

Le prime due ore dall’insorgenza dei sintomi vengono, non a caso, chiamate "golden hours”: se non viene ripristinato il flusso sanguigno entro questo lasso di tempo, aumenta in modo esponenziale il rischio di danni permanenti al muscolo cardiaco. 

Un intervento successivo ai 90 minuti dall'esordio dei sintomi può infatti quadruplicare la mortalità. 

Per ridurre il ritardo è fondamentale imparare a riconoscere rapidamente i sintomi.

I sintomi noti

La manifestazione più tipica dell’infarto è un dolore oppressivo al centro del petto, che duri oltre 20 minuti, sia insorto a riposo e in alcuni casi irradiato al braccio sinistro, al collo, alla mandibola, ai denti, al dorso. 

Tuttavia, spesso l'attacco si presenta in maniera più subdola, come un dolore addominale o nella parte posteriore del torace. 

Altri sintomi tipici sono: affanno improvviso (dispnea), sudorazione fredda, nausea e vomito, svenimento, vertigini improvvise, stato d’ansia, debolezza improvvisa (astenia). 

Vediamo quali sono i sintomi meno noti e che possono manifestarsi anche di notte.

I sintomi meno noti

Apnea notturna

L'American Heart Association ha affermato che l'apnea notturna (quando il respiro si arresta ripetutamente per un tempo sufficientemente lungo da perturbare il sonno) è una malattia respiratoria che nel corso del tempo può avere conseguenze anche gravi per la salute, aumentando il rischio di numerose patologie tra cui l’infarto. 

"L'apnea ostruttiva nel sonno - hanno spiegato gli esperti - è stata collegata a tassi più elevati di ipertensione, ictus e coronaropatia (qualsiasi alterazione, anatomica o funzionale, delle arterie coronarie, cioè dei vasi sanguigni che portano sangue al muscolo cardiaco). 

Ci sono anche prove che l'apnea notturna possa causare la disfunzione diastolica del ventricolo sinistro, che aumenta il rischio di insufficienza cardiaca".

Sudorazioni notturne

Anche la sudorazione eccessiva durante la notte è considerata un segno di malattia cardiaca in alcune persone. 

Le sudorazioni notturne sono un sintomo comune nelle donne con problemi cardiaci, sebbene sia talvolta scambiato per un segno di menopausa. 

Solitamente la sudorazione notturna si associa a un dolore epigastrico (nella parte superiore dello stomaco) o al petto, che si irradia al braccio ed alla spalla sinistra, sensazione di vertigini e nausea: in tal caso potrebbe essere il sintomo di un infarto.

Minzione frequente

Urinare spesso la notte, un disturbo fastidioso detto 'nicturia', può essere innescata da una malattia cardiaca. 

Questo perché durante l’arco della giornata si verifica un accumulo di liquidi e di sali che l’organismo durante la notte cerca di espellere provocando lanicturia. 

"L'insufficienza cardiaca - spiegano gli esperti dell’Incontinence Institute (Usa) - rende difficile al corpo liberarsi dai liquidi. 

Sdraiarsi migliora la funzionalità renale, rendendo più facile al corpo liberarsi dei liquidi che si sono accumulati durante il giorno. 

Quando ci si sdraia per dormire, la funzionalità renale migliorata entra in azione, la produzione di urina aumenta e all'improvviso la vescica è piena, anche se si è fatto attenzione a non bere molti liquidi prima di andare a letto".

Dolore al petto

Uno dei segni più evidenti dell’infarto è il dolore al petto, che può restare localizzato e limitato al torace o irradiarsi alle spalle e alle braccia (più comunemente il sinistro), al collo, alla mandibola, ai denti, al dorso. 

"Nella maggior parte dei casi - spiega il Sistema di assistenza sanitaria nel Regno Unito (NHS), il dolore al petto non sempre è un segnale di qualche condizione grave. 

Se però il dolore è acuto e lancinante, e peggiora quando si inspira profondamente o ci si sdraia, potrebbe essere un segno di infarto o di pericardite, un'infiammazione del rivestimento che circonda il cuore". 

"La pericardite - continuano gli esperti - può manifestarsi nei seguenti modi: il dolore al petto è acuto o lancinante; si diffonde alle spalle, alle braccia o alla pancia; peggiora quando si inspira profondamente, si deglutisce, si tossisce o ci si sdraia (soprattutto quando ci si sdraia sul lato sinistro); migliora quando ci si piega in avanti".


Fiato corto

Un altro sintomo dell’infarto è l’improvvisa comparsa di fiato corto in assenza di condizioni di sforzo, oppure affanno dopo uno sforzo che continua a peggiorare. 

"Questo - spiega l’NHS - può verificarsi dopo l'attività o a riposo; può essere peggiore quando si è sdraiati, e può causare il risveglio durante la notte per la necessità di riprendere fiato".

Tachicardia

La tachicardia è una condizione di frequenza cardiaca accelerata, con un numero di battiti al minuto superiore a 100 a riposo. 

Potrebbe insorgere per una grave cardiopatia, come un infarto miocardico o una cardiomiopatia, e potrebbe durare da alcuni secondi ad alcune ore.

La Sindrome delle gambe senza riposo

La sindrome delle gambe senza riposo (RLS) è un disturbo neurologico legato ai momenti di relax. 

Gli episodi di fastidio si presentano frequentemente prima dell'addormentamento o al risveglio. 

Il NHS la descrive come "una condizione comune del sistema nervoso che provoca un bisogno irrefrenabile di muovere le gambe". 

Alcune ricerche hanno suggerito che potrebbe essere collegata a un aumento del rischio di malattie cardiache, tuttavia l'American Heart Association ha affermato che "sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno e confermare tale relazione".

8 ott 2024

Riflessione

 «La questione non è sapere cosa scrive di me la stampa francese, 

ma conoscere i fatti che la storia attuale rivela. 

Il fatto è che gli Stati Uniti non sono stati in grado di produrre l’equipaggiamento militare di cui gli ucraini hanno bisogno, perché è un dato di fatto che il potere della loro industria è stato prosciugato dalla finanziarizzazione. 

È un dato di fatto che l’esercito ucraino è in ritirata 

ed è un dato di fatto che fatica a reclutare soldati. 

È un dato di fatto che le sanzioni economiche occidentali hanno fatto più danni all’economia europea che a quella russa

 ed è anche un fatto che la stabilità politica della Francia è oggi più minacciata di quella della Russia. 

La ristrutturazione dell’economia russa è stata resa possibile dal fatto che questo paese produce più ingegneri degli Stati Uniti e dal fatto che i paesi che non sono alleati o sudditi degli Stati Uniti hanno continuato a commerciare con la Russia. 

I commenti di buona parte della stampa francese sui miei sogni — “Le Monde”, “Libération”, “L’Express” etc. — suggeriscono che è lei che vive in un sogno. 

Il successo del mio libro in Francia suggerisce anche il fatto che questa stampa non è sempre presa sul serio dai francesi

Sono scomparse le ultime tracce dell’impianto sociale e morale di origine religiosa. 

È stato raggiunto lo stato zero della religione. 

L’assenza di credenze, norme e abitudini di carattere o origine religiosa, lascia però l’angoscia di essere un uomo, mortale, e che non sa cosa fa sulla terra. 

La reazione più banale a questo vuoto è la divinizzazione del vuoto: il nichilismo, che porta all’impulso di distruggere le cose, le persone e la realtà. 

Un sintomo centrale di ciò per me è l’ideologia transgender che porta le nostre classi medio-alte a voler credere che un uomo possa diventare una donna e una donna un uomo. 

Questa è un’affermazione del falso. 

La biologia del codice genetico ci dice che questo è impossibile. 

Parlo qui da antropologo, da studioso, e non da moralista. 

Dobbiamo proteggere gli individui che pensano di appartenere a un genere diverso dal proprio. 

Per quanto riguarda la parte LGB dell’ideologia LGBT (lesbismo, omosessualità maschile e bisessualità), queste sono preferenze sessuali che hanno la mia benedizione. 

È anche sorprendente ma significativo che, accettando l’inflessibilità del codice genetico, la scienza e la Chiesa siano oggi dalla stessa parte. 

Contro l’affermazione nichilistica del falso. 

Allo stato attuale non possiamo fare altro. 

È iniziata una guerra. 

È l’esito di questa guerra che deciderà il destino dell’Europa. 

Se la Russia venisse sconfitta in Ucraina, la sottomissione europea agli americani si prolungherebbe per un secolo. 

Se, come credo, gli Stati Uniti verranno sconfitti, la Nato si disintegrerà e l’Europa sarà lasciata libera.

 Ancora più importante di una vittoria russa sarà l’arresto dell’esercito russo sul Dnepr e la mancanza di volontà del regime di Putin di attaccare militarmente l’Europa occidentale. 

Con 144 milioni di abitanti, una popolazione in calo e 17 milioni di kmq, lo Stato russo fa già fatica ad occupare il suo territorio. 

La Russia non avrà né i mezzi né il desiderio di espandersi, una volta ricostituiti i confini della Russia pre-comunista. 

L’isteria russofobica occidentale, che fantastica sul desiderio di espansione russa in Europa, è semplicemente ridicola per uno storico serio. 

Lo choc psicologico che attende gli europei sarà quello di comprendere che la Nato non esiste per proteggerci ma per controllarci.

E' partito tutto in Ucraina. 

Durante la guerra in Iraq, dopo il Kosovo, Putin, Schröder e Chirac hanno tenuto conferenze stampa congiunte. 

Questo terrorizzava Washington. 

Sembrava che l’America potesse essere espulsa dal continente europeo. 

La separazione della Russia dalla Germania divenne quindi una priorità per gli strateghi americani. 

Peggiorare la situazione in Ucraina è servito a questo scopo. 

Costringere i russi ad entrare in guerra per impedire l’integrazione di fatto dell’Ucraina nella Nato è stato, inizialmente, un grande successo diplomatico per Washington. 

Lo choc della guerra paralizzò la Germania e permise agli americani, nella generale confusione, di far saltare in aria il gasdotto Nordstream, simbolo dell’intesa economica tra Germania e Russia. 

Ovviamente, in una seconda fase, quella della sconfitta americana, il controllo americano sull’Europa sarà polverizzato. 

Germania e Russia si incontreranno di nuovo. 

Questo conflitto è in un certo senso artificiale. 

La cosa naturale, in un’Europa a bassa fertilità, con la sua popolazione che invecchia, è la complementarità tra l’industria tedesca e le risorse energetiche e minerarie russe.

Sono uno storico obiettivo. 

Voglio capire perché noi occidentali abbiamo provocato questa guerra e l’abbiamo persa, e con questa sconfitta abbiamo anche perso la presa sul mondo. 

Non sono filo-russo. 

Ma leggo i testi di Putin e Lavrov e penso di comprendere i loro obiettivi e la loro logica. 

Se i nostri leader avessero preso più sul serio i ricercatori come me e alcuni altri, non ci avrebbero portato a un simile disastro. 

Un Putinofobo intelligente potrebbe usare il mio libro per combattere la Russia. 

D’altra parte, quando un giornale come “Le Monde” nasconde ai suoi lettori – le élite francesi – la ripresa economica e sociale della Russia, come ha fatto, disinforma i nostri leader sulla stabilità e il potere russo e serve Putin.

L’oligarchia liberale non rappresenta per me un problema pratico. 

Non dimenticare che sono nato nell’establishment intellettuale francese. 

Mio nonno Paul Nizan pubblicava con Gallimard prima della guerra e aveva Raymond Aron come testimone di nozze. Sua moglie, mia nonna Henriette, era cugina di Claude Lévi-Strauss. Mio padre Olivier Todd era un grande giornalista del “Nouvel Observateur”. 

Fondamentalmente sono solo un membro dissidente dell’oligarchia intellettuale. 

Inoltre, amo appassionatamente il mio paese, la Francia, e vivrò lì finché il regime non sarà fascista o razzista, e non dovrò diventare un rifugiato politico. 

Se diventassi un rifugiato politico, non andrei negli Stati Uniti come era tradizione nella mia famiglia, perché stanno precipitando in qualcosa di peggio dell’oligarchia liberale, del nichilismo. 

Non ho gusto per la barbarie, sono troppo culturalmente conformista, troppo educato come dicono in francese. 

Penso che andrei in Italia, perché lì è tutto bello, o in Svizzera perché parte del paese parla francese. 

Cosa farei in Russia?