Anthony Mann lo avrebbe chiamato “Il Regno del Terrore”.
Il governo giallo-rosso, dopo sei ore di Consiglio dei ministri terminato alle cinque del mattino,
ha licenziato il testo del Documento programmatico di bilancio (Dpb) e
quello del decreto fiscale collegato, inviandoli a Bruxelles per
ottenerne l’approvazione.
Due provvedimenti che instaurano un regime di Terrore fiscale.
Se la Commissione non solleverà questioni, e non lo farà visto che peggio di così per gli italiani non potrebbe essere,
Dpb e decreto fiscale entreranno nella Legge di bilancio 2020, che passerà al vaglio delle Camere.
Gran parte delle misure contenute nell’attuale versione del Dpb e del
decreto fiscale collegato saranno quelle in vigore dal 1° gennaio del
prossimo anno.
Vediamo le più importanti:
Quota100: la misura non è stata né abrogata né rinnovata, quindi
resterà in vigore fino ad esaurimento della stessa nei termini previsti
dalla precedente manovra, cioè fino al 2021.
Ciò comporterà una disparità di trattamento tra lavoratori, infatti
centinaia di migliaia di questi potranno andare in pensione fino al 2021
con 38 anni di contributi e 62 di età, mentre tutti gli altri, cioè
coloro che non matureranno tali requisiti nei prossimi due anni,
saranno collocati a riposo di nuovo con la Legge Fornero (67 anni di età).
Al momento il governo sta ragionando anche ad un’altra ipotesi, cioè al
superamento graduale di Quota100 con un paio di finestre ad hoc. Nulla
sul punto però è stato deciso.
Reddito di cittadinanza: niente di sostanziale è stato modificato, quindi varranno le previsioni della precedente Legge di bilancio
con un ampliamento delle risorse da utilizzare, ma nei limiti di quanto già previsto con la finanziaria dell’anno scorso.
Il governo si regge sull’accordo con il M5s e dunque questo punto non si poteva neppure toccare.
Lotta all’evasione fiscale: questo è l’intervento più incisivo contenuto nel decreto fiscale collegato al Dpb.
Tutti coloro che adottano il regime Iva ordinario, dal 1° gennaio potranno usufruire delle detrazioni fiscali
(cioè potranno scaricare le spese detraibili nelle misure consentite)
solo se le prestazioni saranno pagate con strumenti che garantiscono la
tracciabilità,
cioè bancomat, carte di credito e bonifici. Il pagamento in contanti non sarà più utilizzabile per chiedere la detrazione.
Ciò produrrà un comportamento difensivo da parte delle partite Iva,
invogliate a dichiarare di meno per evitare di rendere conveniente la
detrazione,
decidendo di non richiederla pur di non pagare con carta. Sarà invece
possibile detrarre, in misura minima (tra il 10 ed il 19%),
le spese del parrucchiere, dell’idraulico e del ristorante, ma la questione è ancora oggetto di discussione.
Poi ci sarà la “lotteria degli scontrini”, una specie di gioco a premi –
tipo estrazione del lotto – per chi pagherà con carta di credito,
con conseguenti sanzioni per chi non accetterà pagamenti col Pos. Tutte
misure che, accompagnate dall’onere della prova a carico del
contribuente,
introdotta dal governo Monti nel 2012, porrà milioni di inermi cittadini sotto la continua vessazione del fisco.
Sui cosiddetti “grandi evasori”, invece, il testo del decreto fiscale prevede la sola intenzione da parte dell’esecutivo
di aumentare le pene fino ad otto anni di reclusione, ma sul punto manca ancora l’intesa nel governo. I
l problema delle soglie di punibilità, qualora fossero ridotte proposto
del ministro Bonafede, non riguarderebbe in realtà i “grandi evasori”,
bensì centinaia di migliaia di piccoli contribuenti che rischierebbero di finire nelle patrie galere.
Guerra al contante: fa parte delle misure per la lotta all’evasione, ma merita un approfondimento.
Il governo Conte-bis ha deciso di tornare ai livelli del governo Monti diminuendo il tetto di utilizzo del denaro contante,
per tutte le transazioni, a 1.000 euro a partire dal 2022. Dal 1°
gennaio dell’anno prossimo, e per i soli anni 2020 e 2021, il limite
sarà fissato a 2.000 euro.
Nel 2016 il governo Renzi aumentò questo limite a 3.000 euro ben sapendo
che avrebbe incentivato i consumi, cosa che in effetti avvenne.
Ritornare, seppur progressivamente, alla misura montiana, produrrà l’effetto devastante che produsse all’epoca,
cioè la violenta contrazione dei consumi e quindi della domanda interna,
con pesanti ripercussioni sull’occupazione e sui redditi.
Ne avranno giovamento le banche per via delle commissioni legate ai pagamenti con carta (anche se fossero ridotte),
oltre alle attività commerciali che si trovano extra-confine (Svizzera, Austria, Francia e Croazia),
soprattutto quelle legate al settore automobilistico, dentistico,
alberghiero, vacanziero e dei beni di un certo valore (orologi,
gioielli, pellicce etc).
Stanno commettendo lo stesso errore di sette anni fa.
Flat-Tax: viene cancellata quella prevista dalla precedente manovra che estendeva il regime, a partire dal prossimo anno,
allo scaglione reddituale da 65.001 a 100.000 euro con tassazione fissa al 20%.
Viene invece mantenuta (per il momento) quella fino a 65.000 euro con
tassazione fissa al 15%, ma con tre correzioni rispetto all’anno in
corso.
Prima. Salvo eventuali modifiche nei prossimi mesi da parte del
Parlamento, le partite Iva che fino ad oggi hanno aderito al regime
forfettario
(fino a 65.000 euro di reddito annuo) potranno continuare a restarvi
anche l’anno prossimo solo se non detengono quote sociali (anche minime)
in società a responsabilità limitata.
E’ il caso di decine di migliaia di operatori che hanno quote in aziende
di famiglia, spesso per ragioni affettive piuttosto che economiche, ma
che svolgono attività professionali differenti.
Seconda. Oggi le partite Iva in regime forfettario non hanno l’obbligo
di detrarre nulla, sussistendo la detrazione in quota già prefissata (a
seconda dell’attività svolta) sul reddito dichiarato.
Dal 1° gennaio 2020, invece, anche i forfettari dovranno conservare
ricevute e scontrini per dimostrare la detrazione effettiva,
e non potranno spendere più di 5.000 euro annui per dipendenti e
collaboratori e 20.000 euro per l’acquisto di beni strumentali connessi
all’attività svolta.
Terza. In ogni fattura dovrà essere indicato il codice iban del conto
corrente d’esercizio, in modo tale che a fine anno l’Agenzia delle
Entrate
possa controllare i movimenti sul conto, in stile “Grande Fratello ”.
Con l’introduzione della flat-tax era intenzione del precedente governo
di ridurre la pressione fiscale,
ma l’attuale esecutivo la sta invece aumentando.
Renzi, Grillo, Conte e Zingaretti sono andati insieme al governo con la scusa di ridurre le tasse, e invece le aumenteranno.
Obbligo di fatturazione elettronica: già in vigore dallo scorso anno per il regime Iva ordinario,
l’Unione europea ha bocciato l’estensione di tale obbligo al regime forfettario (troppi oneri!), ma non è escluso
– come già si vocifera nei corridoi di Via XX settembre – che il
governo la introduca anche per i redditi da lavoro autonomo al di sotto
dei 65.000 euro annui, ma superiori ai 30.000.
Staremo a vedere. E qui, lo capirebbe anche un bambino, tutti avranno convenienza a dichiarare di meno per restare sotto-soglia
ed evitare nuove spese ed oneri derivanti dall’obbligatorietà della fatturazione elettronica.
Sanità: entro la fine del 2020 (aspetta e spera) scomparirà il super-ticket, cioè quella spesa di 10 euro per ciascuna ricetta
che le Regioni applicano per le prestazioni mediche specialistiche e diagnostiche.
Probabile l’introduzione di un ticket a seconda del reddito. Nuove mazzate in arrivo per il ceto medio.
Green-economy e investimenti produttivi: la vulgata verde ha travolto anche il governo italiano.
Aumenterà il costo della plastica, delle sigarette, del diesel e del
gioco d’azzardo in modo da recuperare risorse necessarie per finanziare
le misure
per un più vasto piano ecologista previsto a partire dal prossimo anno, con maggiore espansione dal 2021.
Aria fritta, ma intanto costerà di più la benzina ai nostri già massacrati agricoltori.
Per quanto riguarda gli investimenti produttivi sono previsti, col
“Piano Industria 4.0”, incentivi per la sostenibilità ambientale
ed il rinnovo degli impianti attraverso agevolazioni fiscali, rimodulazioni e crediti d’imposta.
Niente che faccia intravedere una seria politica industriale.
Entro il 31 dicembre il Parlamento potrà in teoria modificare ciò che vuole, ma la maggioranza che sostiene il governo
– benché il Consiglio dei ministri abbia approvato entrambi i documenti “salvo intese” – blinderà sicuramente il testo per evitare che cambi qualcosa di sostanziale.
Per dicembre aspettiamoci un maxi-emendamento sul quale il governo porrà la fiducia.
In breve: più tasse e manette per tutti. Una manovra da Stato di Polizia Tributaria come quella del governo Monti. Un governo Monti senza Monti.
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