Come in guerra, anche nella vita di tutti i giorni la migliore battaglia è
quella che vinciamo senza combattere.
La guerra, lo scontro, la competizione
di forze, apparentemente riferibili al solo ambito militare, e dunque alla
dimensione sociale e collettiva del vivere, in realtà, ad un più profondo esame,
rimandano a una dinamica interiore, personale, propria di ciascuno di
noi.
Per questo, le istruzioni contenute nell'Arte della Guerra vanno intese
come precetti di profonda saggezza, applicabili a qualsiasi aspetto della
realtà (interna ed esterna, soggettiva e oggettiva, individuale e sociale) che
si presenti sotto la forma dinamica del conflitto.
Insegnamenti permeati
dal pensiero fondante della filosofia orientale: quel principio dell'armonia tra
gli opposti che, se crea continuamente polarizzazioni, tensioni, guerre,
tende comunque a ricomporsi e a considerare il conflitto come
un'eccezione, una violazione di quell'equilibrio naturale che dovrebbe
trovare altri modi per sussistere.
Non a caso, proprio le prime parole
dell'Arte della Guerra sono una severa messa in guardia contro qualsiasi impresa
militare concepita e attuata alla leggera, oppure pensata come la via più
breve per raggiungere un risultato:
“La guerra è di vitale importanza per lo
stato, è materia di vita o di morte, una scelta che può condurre al successo o
alla rovina. E’ un campo di studio e di riflessione che non può essere
affrontato con leggerezza”.
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