4 dic 2015

SCIE CHIMICHE

Nel profondo Nordest c’è chi si impegna a denunciare all’opinione pubblica quello che sarebbe forse il più grande complotto in atto ai danni dell’umanità: la geo-ingegneria, ovvero la modificazione e il controllo del clima. È con questo intento che da quasi un anno Cristiano Di Paolantonio ha attivato a Pordenone il presidio “Stop Scie Chimiche”.
Chi siete e cosa denunciate?
Siamo un presidio contro la geo-ingegneria, ossia la modificazione del clima. È stata un’idea mia e di mio fratello nata spontaneamente, perché l’unico modo di far sapere alla gente cosa sta succedendo arrivando a tutti è esserci non virtualmente, ma fisicamente. Di qui l’idea del presidio permanente. Siamo l’unico in Europa. Gli unici “fuori di testa”.
Riesci a riassumere in breve per chi si informa unicamente sui media tradizionali la verità del sistema in cui viviamo? Ovvero, chi sta facendo cosa e perché? 
Diciamo che ci stiamo arrivando. Le informazioni che girano sono tante. La cosa certa è che la geo-ingegneria è sotto gli occhi di tutti. In internet si può trovare l’ “Accordo sulla modificazione del clima Usa-Italia” firmato dai governi Bush e Berlusconi nel 2001. È un capitolato di 50 pagine, incompleto, perché quando vengono pubblicate informazioni che dovrebbero essere segrete vuol dire che sono state appositamente filtrate, dove però si possono leggere i partecipanti a questo progetto, che sono soprattutto enti pubblici e multinazionali private. Il clima è già in mano loro. I voli sono 24 ore su 24. Solo in Italia si spendono circa 22 milioni di euro al giorno. Molto spesso vengono usati aerei low cost, quindi la crisi mondiale è servita anche a questo, con diverse compagnie sull’orlo del fallimento che si sono asservite totalmente a questi fini. Loro creano shock termici, facendo crollare la temperatura di notte, soprattutto durante la semina. Poi verso il periodo del raccolto creano le cosiddette “bombe d’acqua”, anch’esse create ad hoc. E lo fanno in tutto il mondo.
Ma quale sarebbe il “grande piano”?
L’obbiettivo è il controllo totale del destino umano, perché vien da sé che anche se esistono piccole realtà fuori dal sistema globale, quando controlli il clima controlli tutti. Inoltre, come se tutto ciò non fosse un’arma già abbastanza potente, viene anche utilizzato come diversivo, perché distrae l’attenzione da altre cose che stanno avvenendo a terra.
Cioè, le scie chimiche sarebbero sia un’arma in senso stretto, sia un’arma di distrazione di massa?
Esatto. Via internet vengono diffuse tantissime di false informazioni, nelle quali ci siamo imbattuti anche noi, ad esempio su avvelenamenti da bario o alluminio, che abbiamo capito non essere possibili a concentrazioni tanto elevate. Anche perché rimarrebbero contaminati anche quelli che portano avanti le irrorazioni, mentre loro non vogliono far fuori la manovalanza, ma schiavizzarla e portarla in un gioco di psicosi e nevrosi per renderla più manovrabile.
Quali sono i rischi per la salute e l’ambiente di queste irrorazioni?
Il rischio è soprattutto per l’ecosistema, in quanto viene amplificato a dismisura l’effetto serra. Prendiamo l’Italia, che ha un’economia basata sul mercato agroalimentare e turistico. Facendo fallire con la guerra climatica questi settori, noi perdiamo la nostra forza e non ci possiamo permettere di ipotizzare un’uscita dall’euro, che è quello che loro – i politici/parassiti – vogliono, ovvero schiavizzarci all’infinito. La guerra climatica serve ad asservirci alle corporation come la Monsanto. Non ci sono invece rischi diretti per la salute. Vogliono farcelo credere, in modo da sviare l’attenzione e da ridicolizzare chi li combatte.
In cosa consiste l’attività del presidio?
Per esempio, a febbraio abbiamo organizzato la più grande conferenza sulle scie chimiche mai fatta in Europa, alla quale hanno partecipato più di 1000 persone. Quando inizi una battaglia di questo tipo, senza legami politici e contro tutti, avvengono sabotaggi di ogni tipo. E visto che non ti puoi fidare di nessuno, non studiamo mai nessuna strategia. Ci muoviamo a intuito, siamo dei cani sciolti. Niente associazione, il nostro è un gruppo aperto e non ci interessa fare numero. Ci interessa solo denunciare volta per volta le cose che scopriamo, distribuendo volantini o attraverso la nostra pagina Facebook. Anche se io sono contrario a Facebook. Non ce l’ho e non aprirò mai un profilo, perché è una trappola ideata dal sistema per creare delle fazioni contrapposte, come nella politica, polarizzando la coscienza delle persone per non farle uscire da questo giogo.
Avete avuto qualche risposta dalle istituzioni?
No. Sarebbe come chiedere alla mafia di ammettere di essere mafiosi. Non lo farebbe mai. Non ci interessa ottenere risposte da loro, perché sarebbe impossibile.
Avete mai avuto problemi con le autorità a causa della vostra attività?
No, perché non facciamo mai niente di illegale. Anzi, la Digos ci tutela, perché vuole sapere come ci muoviamo. Ci danno le autorizzazioni perché ci vogliono controllare. Tuttavia abbiamo subito diversi tentativi di sabotaggio e abbiamo un sospetto sugli autori.
Come ha risposto la cittadinanza alla presenza del presidio?
Bene. Abbiamo riscontrato interesse da parte di persone di tutte le età, che quando vedono documenti come l’accordo Usa-Italia iniziano a ragionare.
Cosa rispondi a chi deride le vostre teorie?
Noi non facciamo parte né dei negazionisti né dei complottisti, non siamo dei montati o dei fanatici. Siamo “possibilisti”. Se qualcuno ci deride per questo non ci fa né caldo né freddo. Il problema vero è che il 90% dei profili e delle pagine Facebook che si occupano dell’argomento sono dei fake gestiti dalla Digos per creare una rete il più grande possibile dove far finire tutti i pesci. Chi deride l’argomento fa parte dello stesso gruppo di chi combatte contro la geo-ingegneria.
Come mai, se ormai la verità è venuta a galla, il mondo non si è ancora rivoltato contro i poteri occulti che lo manovrano?
Per un motivo semplice: la gente è abituata a non combattere, perché ci viene insegnato che c’è sempre qualcosa da perdere. Per me quando combatto c’è sempre qualcosa da guadagnare, ma la maggior parte della gente ragiona nel modo opposto: “cosa posso guadagnare dal non lottare”?
In definitiva, come possiamo salvarci?
In questo momento è impossibile pensare di fermare le scie chimiche. Sarebbe fanatismo pensarlo. Il potere è in mano loro sotto tutti i punti di vista. Noi possiamo solo salvare la nostra mente dall’essere completamente asservita al potere, combattendo giorno per giorno le ingiustizie sotto ogni fronte della vita quotidiana e risvegliare la coscienza degli altri.

4 nov 2015

PER NON DIMENTICARLI. LA NOSTRA LIBERTA'

IL TESTO INTEGRALE DEL BOLLETTINO DELLA VITTORIA

Comando Supremo, 4 Novembre 1918, ore 12

La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 Maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi è vinta.

La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso Ottobre ed alla quale prendevano parte
cinquantuna divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro settantatre divisioni austroungariche, è finita.

La fulminea e arditissima avanzata del XXIX corpo d'armata su Trento, sbarrando le vie della
ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria.
Dal
Brenta al Torre l'irresistibile slancio della XII, dell'VIII, della X armata e delle divisioni di
cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente.

Nella pianura, S.A.R. il Duca d'Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata,
anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva
perdute.

L'Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell'accanita resistenza dei primi giorni e nell'inseguimento ha perdute quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecento mila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinque mila cannoni.
I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza
speranza le valli, che avevano disceso con orgogliosa sicurezza.

Armando Diaz
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18 set 2015

PIGNORAMENTI

Con l’ultima riforma introdotta con il decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 in tema di misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile, nonché di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria, decreto convertito nella recentissima legge 6 agosto 2015 n. 132, il legislatore in materia di processo esecutivo ha fatto la scelta irreversibile della modalità telematica nella ricerca dei beni da sottoporre a pignoramento, modificando il codice di procedura civile e le norme di attuazione e, soprattutto in tema di esecuzione e fallimento ha introdotto, in via esclusiva, proprio gli strumenti informatici e telematici per la ricerca dei beni da sottoporre all’esecuzione forzata.
Su questo versante è da segnalare in particolare l’art. 14 del decreto in esame con il quale sono state introdotte rilevanti modifiche alle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile ed è stato modificato il primo comma dell’articolo 155-quater. Con la novella si prevede, infatti, che tutte le pubbliche amministrazioni le quali attualmente gestiscono banche dati contenenti informazioni utili ai fini della ricerca di cui all’articolo 492-bis del C.P.C. - ossia per la ricerca, con le modalità telematiche, dei beni da sottoporre a pignorare - dovranno mettere a disposizione degli ufficiali giudiziari la possibilità di accedere alle relative banche dati, su richiesta del Ministero della giustizia, con le modalità di cui all’articolo 58 del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni ed integrazioni.
Si prevede a tal fine che sino a quando non saranno definiti dall’Agenzia per l’Italia digitale gli standard di comunicazione e le regole tecniche di cui al comma 2 del predetto articolo 58, le pubbliche amministrazioni comunicheranno, tra loro, attraverso la messa a disposizione, a titolo gratuito, degli accessi alle proprie basi di dati alle altre amministrazioni.
L’Agenzia per l’Italia digitale, infatti, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e le amministrazioni interessate alle comunicazioni telematiche, ivi incluso il Ministero della giustizia, dovrà definire entro novanta giorni, dall’entrata in vigore della norma, che è entrata in vigore il 21 agosto c.a. (giusta G.U. n. 192 del 20 agosto 2015), gli standard di comunicazione e le regole tecniche a cui le pubbliche amministrazioni dovranno conformarsi.
Qualora poi l’amministrazione che gestisce i dati o il Ministero della giustizia – che deve pubblicare sul portale dei servizi telematici l’elenco delle banche dati per le quali è possibile l’accesso da parte dell’ufficiale giudiziario per le ricerche di cui all’articolo 492-bis del codice - non dispongano dei sistemi informatici per la cooperazione applicativa, l’accesso avverrà previa convenzione, tra le amministrazioni, per la fruibilità informatica dei dati posseduti.
Infine il Presidente del tribunale, o un giudice da lui delegato, potranno sempre disporre che l’ufficiale giudiziario acceda mediante collegamento telematico diretto ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, nell’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, e degli enti previdenziali, per l’acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l’individuazione delle cose e dei crediti da sottoporre ad esecuzione forzata comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti, con la conseguenza che l’accesso informatico non darà più nessuna possibilità al debitore di occultare i beni da sottoporre all’esecuzione forzata.

15 set 2015

BUFFONI

Ogni anno verso l’autunno la Consip – società controllata dal ministero del Tesoro che si occupa degli acquisti del settore pubblico – scopre di quante macchine di servizio a noleggio (senza conducente) ha bisogno la Pubblica amministrazione e poi organizza l’asta.
La richiesta per quest’anno è aumentata perché il governo renziano, per dar seguito ai propositi mediatici del Capo, ha tagliato senza criterio e ha bloccato gli acquisti, tranne che per la sicurezza (volanti della polizia) e la sanità (le ambulanze degli ospedali).

Più Palazzo Chigi taglia, o simula il taglio, più s’impenna la quota di macchine a noleggio.
È come il gioco delle tre carte.

Con le concessionarie che vincono la gara, Consip stipula una convenzione della durata di 12 mesi e fissa il limite di spesa (per il 2015, appunto, sono 106 milioni di euro), poi ciascuna amministrazione – inclusa quella centrale, cioè ministeri e governo – riceve l’auto che preferisce per un paio di anni o al massimo tre: modello utilitaria a benzina, berlina di media cilindrata a diesel oppure monovolume a metano o anche elettrica.

Consip prevede un esborso per il 2015 di 106 milioni, somma (esclusa Iva) che va ridotta di un 10-15 per cento se l’asta viene aggiudicata con un buon ribasso.
Rispetto al 2013 (gestione condivisa Monti-Letta), Consip pagherà 26 milioni in più – da 80,3 a 106 milioni – per quasi duemila vetture in più (5.900 anziché 4.075).

8 set 2015


SIRIA al bivio

Il 5 settembre il segretario di stato americano John Kerry ha telefonato al ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, avvertendolo di non intensificare il sostegno militare al governo siriano.

Kerry ci è andato giù pesante, dicendo a Lavrov che le azioni della Russia potrebbero “portare alla perdita di altre vite innocenti, all’incremento dei flussi migratori e al rischio di uno scontro con la coalizione che lotta contro lo Stato islamico in Siria”.

Finora Mosca si è limitata a inviare in Siria una squadra militare di quelle che solitamente vengono dislocate per preparare l’arrivo di un contingente molto più grande. Ha anche mandato un centro di controllo del traffico aereo e alcune unità abitative per il proprio personale presso una base aerea siriana.
 
Questo significa probabilmente che i russi si stanno preparando a intervenire per salvare il presidente Bashar al Assad. Nei quattro anni di guerra civile in Siria, il Cremlino ha fornito ad Assad sostegno diplomatico, aiuti economici e armi, ma questo non è più sufficiente. Ci vorrà almeno una rapida consegna di armi pesanti, e forse anche l’intervento dell’aviazione russa in sostegno all’esausto esercito siriano.

Ne hanno davvero bisogno.

Da maggio, quando i jihadisti del gruppo Stato islamico hanno conquistato Palmira nel centro della Siria, hanno continuato ad avanzare verso ovest a partire dalla loro nuova base.
Un mese fa hanno conquistato la città a maggioranza cristiana di Al Qaratayn, a nordest di Damasco (i cui abitanti, naturalmente, sono fuggiti). E ora le truppe dello Stato islamico sono a trenta chilometri dalla M5, l’autostrada che collega Damasco con le altre parti della Siria che sono ancora sotto il controllo del governo.

Tra l’altro, se i jihadisti hanno conquistato Palmira è perché la “coalizione contro lo Stato islamico” (in pratica l’aviazione statunitense) non ha lanciato neanche una bomba per difenderla. Ha effettuato almeno mille missioni per difendere Kobane, la città curda al confine con la Turchia assediata dai combattenti del gruppo Stato islamico, perché i curdi erano alleati di Washington.

Palmira invece era difesa dai soldati di Assad, e quindi gli Stati Uniti hanno lasciato che lo Stato islamico se ne impadronisse.
Si può facilmente immaginare l’orrore di Kerry (e di Obama) all’idea che difendendo Palmira dessero l’impressione di star proteggendo il brutale regime di Assad.

Ma se le truppe dello Stato islamico riusciranno a tagliare l’M5, questo sarà visto come un segno dell’imminente sconfitta del governo.
A quel punto quasi la metà delle persone che ancora vivono in territori controllati dal regime di Damasco (circa 17 milioni di persone) potrebbero farsi prendere dal panico e cercare di lasciare il paese. Tra questi ci sarebbero naturalmente le minoranze religiose (cristiani, alawiti e drusi): cinque milioni di persone che hanno buone ragioni di temere di essere massacrate, stuprate o ridotte in schiavitù dai jihadisti. Anche i milioni di musulmani sunniti che hanno servito il governo e l’esercito sarebbero in pericolo.

Quindi altri quattro o cinque milioni di profughi potrebbero riversarsi fuori dai confini della Siria, aggiungendosi ai quattro milioni che lo hanno già fatto.

Quel che si lascerebbero alle spalle sarebbe una Siria interamente controllata dai jihadisti. A quel punto resterebbe solo da vedere se questi seguiranno la strada dei profughi, attaccando il Libano e la Giordania, o se cominceranno a combattersi tra loro. Tutti e tre i principali gruppi islamisti – lo Stato islamico (non più sostenuto da Turchia e Arabia Saudita), il Fronte al nusra e Ahrar al-Sham (che invece lo sono ancora) – sono praticamente identici per quanto riguarda l’ideologia e gli obiettivi finali. Hanno tuttavia alcune differenze tattiche: lo scorso anno lo Stato islamico e il Fronte al nusra hanno avuto una disputa territoriale piuttosto seria, che forse potrebbe tenerli impegnati.

Ma anche se così fosse, la Siria sarebbe perduta.

È questo il rischio che i russi vedono all’orizzonte ed è per questo che forse sono decisi a combattere.

Il 4 settembre, quando gli è stato chiesto se volesse farsi coinvolgere direttamente nel conflitto siriano, il presidente russo Vladimir Putin si è limitato a dire che la domanda era “prematura”. Nessuno ama Assad, neanche i russi, ma è il male minore tra le possibilità che ancora rimangono. Per essere precisi, è l’unica alternativa che rimane alla vittoria dei jihadisti.

La maggior parte dei ribelli “moderati” hanno smesso di combattere o sono fuggiti all’estero, incapaci di competere con i jihadisti per potenza di fuoco, risorse e atrocità. L’idea che gli Stati Uniti possano creare una “terza forza” moderata capace di sconfiggere sia i jihadisti sia Assad è un’illusione che serve solo a salvare la faccia.

Mosca ha usato la diplomazia per salvare l’amministrazione Obama da se stessa due anni fa, quando Washington era pronta a bombardare l’esercito di Assad per rispondere alle accuse (forse non vere) secondo cui questo aveva usato gas contro i civili.

Ma stavolta l’unico modo in cui la Russia può evitare il disastro è mettere in campo le proprie forze aeree, e forse anche quelle di terra.

Se lo farà, la domanda principale sarà se gli Stati Uniti lasceranno che sia la Russia a svolgere un compito che per loro è troppo spinoso o se invece cederanno alle rimostranze degli alleati turchi e sauditi, opponendosi all’intervento russo.

Dal momento che gli Stati Uniti non hanno una loro strategia coerente, è impossibile prevedere come reagiranno.

Nonostante le sbruffonate di Kerry, neanche a Washington sanno ancora cosa fare.
(Traduzione di Federico Ferrone)


Morale della favola ? Che idioti questi americani .......o forse no ? Petrolio ? Gas ? Armi ? Ricostruzione ? Erba ? 

4 mag 2015

Come non condividere ?

Riporto questo articolo di Magdi Allam


Venerdì primo maggio a Milano nello scontro con i cosiddetti «antagonisti» si è registrata la convergenza e si è toccato con mano il fallimento della medesima strategia adottata, a partire dagli anni Settanta, dai governi italiani con la criminalità organizzata e il terrorismo di matrice interna e straniera.
La sintesi di questa comune strategia è di pervenire, costi quel che costi, a un accordo sottobanco con il nemico dichiarato dello Stato incentrato su questo baratto: «Io Stato ti garantisco un margine di legittimità informale e persino di operatività sostanziale che consenta a te, nemico dello Stato, di attuare almeno parzialmente gli obiettivi che corrispondono alla tua ragion d'essere. Tu nemico dello Stato mi garantisci che non attenterai agli obiettivi vitali dello Stato, non concepirai il territorio nazionale come campo di battaglia contro l'Italia o di regolamento di conti contro fazioni avverse alla tua area di appartenenza».
In definitiva i governi hanno delegato principalmente ai Servizi segreti, che istituzionalmente sono preposti alle operazioni clandestine, e alla Digos che è l'apparato di Polizia radicato sul territorio e infiltrato negli ambienti più pericolosi per la sicurezza nazionale, il compito di trattare, definire e far rispettare dei singolari patti di convivenza contronatura tra nemici all'interno di una casa comune, che è la nostra Italia. Apparentemente lo Stato, quale padrone di casa, ha il coltello dalla parte del manico. Di fatto i risultati confermano che a beneficiare di questa strategia del «vivi e lascia vivere», sono stati principalmente i nemici dello Stato.
Se per il ministro degli Interni Alfano, secondo una dichiarazione resa ieri, l'intervento delle forze dell'ordine a Milano è da considerarsi un successo perché «ha evitato il peggio», in quanto «la giornata inaugurale dell'Expo non è stata macchiata dal sangue né dei manifestanti né delle forze dell'ordine», ebbene sorgono più di un dubbio.
Innanzitutto, come potrebbe sentirsi tranquillo Alfano con circa un migliaio di terroristi urbani (è il termine più corretto rispetto a «teppistelli figli di papà», «farabutti col cappuccio», «imbecilli violenti», considerando l'armamentario da guerriglia urbana, l'organizzazione militarizzata e il livello della devastazione prodotta), provenienti da vari Paesi europei che si sono infiltrati in Italia e che potrebbero rimettere a ferro e fuoco Milano durante i prossimi sei mesi di durata dell'Expo?
In secondo luogo come può Alfano cantare vittoria quando il centro di Milano è stato trasformato in un campo di battaglia con le strade deserte avvolte dal fumo delle molotov e dal fumo dei lacrimogeni, con decine di auto incendiate, banche, negozi ed edifici danneggiati, fioriere divelte e cassonetti dati alle fiamme?
È possibile che Alfano ostenti una certa tranquillità perché si sarebbe arrivati a un accordo con i terroristi urbani, del tipo: «Vi abbiamo lasciato sfogare, avete avuto modo di mostrare al grande pubblico le ragioni per cui scegliete di protestare violentemente, ora però tornate a rispettare i patti». In cosa concretamente consistono questi patti? Vi siete mai chiesti come sia possibile che questi terroristi urbani, indicati come «centri sociali», «black bloc» «anarchici» o «cani sciolti», dispongano all'interno delle nostre città di sedi il cui affitto e le varie utenze vengono pagate dalle istituzioni dello Stato che loro combattono come il nemico? Vi siete mai chiesti come sia possibile che le leggi dello Stato tutelino più questi nemici dello Stato rispetto alle forze dell'ordine che rischiano la vita per difendere lo Stato?
Ebbene ciò prefigura un patto simile a quello stipulato con i terroristi palestinesi dell'Olp in base al quale l'Italia chiuse un occhio per consentire loro di far transitare armi e denaro sporco, ottenendo in cambio la preservazione del suolo nazionale dagli attentati terroristici, anche se fummo comunque colpiti dal gruppo di Abu Nidal che era nemico di Arafat. Oggi l'Italia si è alleata con i Fratelli musulmani, che offrono la loro collaborazione per scovare i terroristi islamici di Al Qaida o dell'Isis, ottenendo in cambio la legittimazione ufficiale e il controllo delle moschee su cui fondano l'islamizzazione dell'Occidente.
Sia con i terroristi urbani sia con i terroristi islamici l'Italia opera con una visuale miope: la parola d'ordine è evitare che mettano la bomba oggi, mentre ciò che potrebbe accadere domani non è affare mio; quindi è opportuno cercare di andare d'accordo con tutti e non inimicarsi nessuno. Un tribunale della storia lo condannerebbe come «alto tradimento». Preferiamo essere ricordati come le vittime sacrificali di questi patti suicidi con il nemico o assumere da subito da protagonisti l'iniziativa di assicurare anche ai nostri figli e nipoti il diritto a vivere con dignità e libertà dentro casa nostra?

6 apr 2015

LINUS

Linus.
I cinquant'anni della rivista che nacque a Milano, nell'aprile del 1965 in un clima di grande fervore culturale.
Un esperimento creativo, fra fumetto, scrittura e tanta intelligenza.

Gio­vanni Gan­dini, tut­to­fare edi­to­riale, importa dagli Stati Uniti i Pea­nuts di Char­les M. Schulz e li pub­blica prima in un libro (Arriva Char­lie Brown, 1963, maglietta a righe come quelle dei ragazzi di Genova ’60, ma Schulz non poteva saperlo), poi su una rivi­sta creata per l’occasione: linus (rigo­ro­sa­mente minu­scolo, di molto ante­ghezzi). Siamo nell’aprile del 1965.
L’editore della rivi­sta, come del pre­ce­dente volume, è Milano Libri, entità allora cono­sciuta come libre­ria in via Verdi, accanto alla Scala, gestita da Anna­ma­ria Gre­go­rietti, moglie di Gan­dini.
Linus però non si limita a ospi­tare le stri­sce di Linus (van Pelt, con coperta appog­giata alla guan­cia, immor­ta­lata sulla prima coper­tina), Char­lie Brown, Lucy e il brac­chetto Snoopy (alle prese con il suo romanzo dall’incipit dive­nuto cele­ber­rimo «era una notte buia e tem­pe­stosa»), ci sono altri fumetti per grandi: Li’l Abner, Crazy Cat, Popeye.
Nei numeri imme­dia­ta­mente suc­ces­sivi si affac­ciano altri nomi impor­tanti come Guido Cre­pax e la sua Valen­tina, Enzo Lunari e Giri­ghiz, la pre­i­sto­ria di B.C., Pogo, il mago Wiz e ancora Copi, Feif­fer, Wolin­ski. Un’escalation irre­si­sti­bile. Senza tra­scu­rare la pagina dei Wutki, gio­chi mate­ma­tici, non­sense magi­strali e gli inar­ri­va­bili lime­rick curati da Ser­gio Morando.

3 apr 2015

REATI DEPENALIZZATI

Questo è un elenco preciso dei reati per i quali viene lasciata alla discrezionalità del Giudice il procedere o meno contro il reato commesso.

Grazie governo renzi. Grazie. Ci voleva proprio. Così i malfattori sapranno che questo è il paese dei bengodi.

Quali sono i reati che non prevederanno il carcere
– Abbandono di persone minori o incapaci – art.591 c.p. co.1
– Abusivo esercizio di una professione – art 348
– Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina – art.571 c.p.
– Abuso d’ufficio – art.323 c.p.
– Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico – art.615 ter
– Arbitraria invasione e occupazione di aziende agricole o industriali. Sabotaggio – art.508 c.p.
- Adulterazione o contraffazione di cose in danno della pubblica salute – art.441 c.p.
– Appropriazione indebita – art.646 c.p.
– Arresto illegale – art.606 c.p.
– Assistenza agli associati (anche mafiosi) – art.418 co.1 c.p.
– Attentato a impianti di pubblica utilità – art.420 c.p.
– Attentati alla sicurezza dei trasporti – art.432 c.p.
– Atti osceni – art.527 c.p.
– Atti persecutori (stalking) – art.612 bis co.1
– Commercio o somministrazione di medicinali guasti – art.443 c.p.
– Commercio di sostanze alimentari nocive – art.444 c.p.
– Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari – art.517 quater
– Corruzione di minorenne – art.609 quinquies co.1 c.p.
– Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi – art.434 co.1 c.p.
– Corruzione – art-318 c.p.
– Danneggiamento – art.635 c.p.
– Danneggiamento a seguito d’incendio – art.423 c.p.
– Danneggiamento seguito da inondazione,frana valanga – art.427 co.1 c.p.
– Danneggiamento di informazioni e programmi informatici – art.635 bis c.p.
– Danneggiamento di sistemi informatici o telematici – art.635 quater c.p.
– Detenzione di materiale pornografico – art.600 quater c.p.
– Deviazione di acque e modifiche dello stato dei luoghi – art.632 c.p.
– Diffamazione – art. 595 c.p.
– Divieto di combattimento tra animali – art.544 quinquies
– Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza – artt.392-393 c.p.
– Evasione – art 385 c.p.
– Fabbricazione o detenzione di materie esplodenti – art.435 c.p.
– False informazioni al P.M. – art.371 bis
– Falsità materiale del P.U. – art.477 c.p.
– Favoreggiamento personale – art-378 c.p.
– Favoreggiamento reale art.379 c.p.
– Frode informatica – art.640ter co.1-2 c.p.
– Frode in emigrazione art.645 c.p.co.1
– Frode nelle pubbliche forniture – art.356
– Frode processuale – art.374 c.p.
– Frodi contro le industrie nazionali – art.514 c.p.
– Frode nell’esercizio del commercio – art.515 c.p.
– Furto – art.624 c.p.
– Gioco d’azzardo – art.718-719 c.p.
– Impiego dei minori nell’accattonaggio – art.600 octies c.p.
– Incesto – art.564 1 co. C.p.
– Inadempimento di contratti di pubbliche forniture art.355 c.p.
– Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato – art 316 ter
– Ingiuria – art.594 c.p.
– Ingresso abusivo nel fondo altrui – art.637 c.p.
– Insolvenza fraudolenta – art.641 c.p.
– Interferenze illecite nella vita privata – art. 615 bis
– Interruzione di pubblico servizio – art.331 c.p.
– Intralcio alla giustizia – art.377 c.p.
– Introduzione nello Stato e commercio di prodotti falsi – art.474 c.p.
– Introduzione o abbandono di animali nel fondo altrui – art.636 c.p.
– Invasione di terreni o edifici – art.633 c.p.
– Istigazione a delinquere – art.414 c.p.
– Istigazione a disobbedire alle leggi – art.415 c.p.
– Lesione personale – art.582 c.p.
– Lesioni personali colpose art.590 c.p.
– Maltrattamento di animali – art.544 ter
– Malversazione a danno dei privati – art.315 c.p.
– Malversazione a danno dello Stato – art.316 bis
– Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice – art.388 c.p.
– Manovre speculative su merci – art.501 bis c.p.
– Millantato credito – art.346 c.p.
– Minaccia – art. 612 c.p.
– Occultamento di cadavere – art.412 c.p.
– Oltraggio a P.U. – art.341 bis
– Oltraggio a un magistrato in udienza art.343 c.p.
– Omessa denuncia di reato da parte del P.U. – art.361
– Omicidio colposo – art.589 c.p. co.1
– Omissione di referto – art.365 c.p.
– Omissione di soccorso – art. 593 c.p.
– Patrocinio o consulenza infedele – art.380 c.p.
– Peculato mediante profitto dell’errore altrui – art.316 c.p.
– Percosse – art. 581 c.p.
– Possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi – art.497 bis co.1.
– Procurata evasione – art.386 co.1
– Procurata inosservanza di pena – art.390 c.p.
– Resistenza a P.U. – art. 337 c.p.
– Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio – art.501 c.p.
– Rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro – art.437 c.p.
– Rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio – art.326 c.p.
– Rivelazione di segreti inerenti ad un procedimento penale – art.379 bis
– Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione – art.328 c.p.
– Rissa – art.588 c.p.
– Simulazione di reato – art.367 c.p.
– Sostituzione di persona – art.494 c.p.
– Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro – art.334 c.p.
– Sottrazione di persone incapaci – art.574 c.p.
– Sottrazione e trattenimento di minori all’estero – art.574 bis
– Stato d’incapacità procurato mediante violenza – art. 613 c.p.
– Traffico d’influenze illecite – art.346 bis
– Truffa – art.640 c.p.
– Turbata libertà degli incanti – art.353
– Turbativa violenta del possesso di cose immobili – art.634 c.p.
– Usurpazione di funzioni pubbliche – art.347
– Uccisione di animali – art.544 bis
– Uccisione o danneggiamento di animali altrui – art.638 c.p.
– Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine – art.516 c.p.
– Vilipendio delle tombe – art.408
– Vilipendio di cadavere – art.410 co.1
– Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza – art 616 c.p.
– Violazione di domicilio art.614 c.p.
– Violazione di domicilio commessa dal P.U. – art. 615 c.p.
– Violazione di sepolcro – art.407 c.p.
– Violazione di sigilli art.349
– Violazione degli obblighi di assistenza familiare – art.570 c.p.
– Violenza o minaccia a P.U. art.336 c.p.
– Violenza privata – art.610 c.p.
– Violenza o minaccia per costringere taluno a commettere un reato – art.611 c.p.

31 mar 2015

APRITE GLI OCCHI

Proprio vero.
Questo è uno dei peggiori incantatori e ciarlatani che abbiamo avuto nella storia d'Italia.....e purtroppo tanta gente ci casca. Se condividete, passate parola.

Ieri il governo Renzi ha improvvisamente rialzato la testa, urlando ai quattro venti i risultati incoraggianti dell’aumento dei contratti a tempo indeterminato.


Dopo un anno di indicatori puntualmente negativi, i primi dati sulle assunzioni nel 2015 sono stati annunciati con l’anticipo delle grandi occasioni, prima da parte del premier stesso che ha raccontato come il ministro Poletti avesse in mano dei numeri “a due cifre” poi, infine, dallo stesso ministero del Lavoro che li ha diffusi orgogliosamente.


Questo, in sostanza, l’esito del monitoraggio operato dallo stesso ministero del Welfare: nel primo bimestre del nuovo anno, i contratti a tempo indeterminato sono cresciuti del 38,5% rispetto allo stesso periodo del 2014, con un incremento di oltre 70mila assunzioni in complesso.


Un risultato, ovviamente, salutato con entusiasmo dal presidente del Consiglio. “L’Italia riparte”, ha sentenziato Matteo Renzi, mentre, dalla maggioranza, si sperticavano le lodi della politica economica dell’esecutivo.

Ma una cosa dev’essere chiara fin da subito: i numeri che oggi l’esecutivo sventola con tanta soddisfazione non hanno niente a che fare con la riforma del lavoro. O, forse, dipendono proprio dal suo arrivo, non già come incentivo, ma come deterrente: ecco perché.


Innanzitutto, è da sottolineare il valore aggiunto degli sgravi contenuti nella recente legge di stabilità, che ha ridotto sensibilmente i contributi Inps ai datori di lavoro che sottoscrivono nuovi contratti a tempo indeterminato, insieme a una parallela riduzione del fardello Irap.
Insomma, un’occasione molto ghiotta che, giustamente, le imprese hanno prontamente colto non appena i fondi sono stati sbloccati.


Ma d’altro canto, persiste un’ulteriore ragione alla base dell’impennata così decisa delle assunzioni.

E non rientra nei casi dell’economia che riparte, o della crisi ormai alle spalle, tutte frasi che spesso, purtroppo, abbiamo sentito a sproposito.


Siccome i dati diffusi dal ministero del Lavoro si riferiscono ai mesi di gennaio e febbraio, non bisogna ignorare come la nuova tipologia dei contratti a tutele crescenti, contenuta nel decreti attuativi del Jobs Act sia entrata in vigore, guarda caso, proprio dal 7 marzo.

Tutti i rapporti di lavoro a tempo indeterminato sottoscritti da quel giorno, non godonoo più della corazza contro il licenziamento senza giusta causa prima costituita dall’articolo 18.


Ecco, dunque, che i numeri tanto osannati dal governo assumono dunque una luce completamente diversa: anziché segnale incoraggiante per il recupero della ricchezza e l’occupazione, potrebbe essere il frutto di un comportamento difensivo attuato dai lavoratori, per tutelarsi di fronte all’imminente riforma dei contratti, magari accettando condizioni più sfavorevoli pur di non rimetterci anche nella protezione del proprio posto di lavoro.

La risposta definitiva la conosceremo solo tra qualche mese, quando saranno diffusi i dati relativi al rodaggio dei nuovi regimi contrattuali, scaturiti dal tanto contestato Jobs Act.



E chissà che non finiremo per imbatterci in una scoperta davvero inattesa: di questa riforma potevamo tranquillamente farne a meno.

21 mar 2015

QUOZIENTE ZERO

Questa non mi è mai piaciuta.......

Recentemente il Washington Times ha ricostruito, attraverso documenti segreti ritrovati a Tripoli dopo la caduta di Gheddafi, l’operazione di manipolazione orchestrata da Hillary Clinton (allora Segretario di Stato americano), per legittimare l’intervento militare Usa in Libia.

I documenti sono una serie di telefonate registrate (e confermate dai diretti interessati), intercorse tra alti ufficiali del Pentagono, un membro democratico del Congresso americano e Saif Gheddafi, figlio del Colonnello, nei giorni cruciali della guerra.

Dai documenti appaiono con chiarezza 4 livelli d’irresponsabilità e approssimazione con cui Washington si è rapportata alla crisi libica:

1) il Pentagono agiva indipendentemente dal Dipartimento di Stato, per evitare una guerra che (incredibilmente) erano i militari a non volere e i politici ad imporre.

2) la Cia non aveva la minima idea di cosa stesse realmente accadendo sul terreno, all’interno della guerra civile.

3) il Dipartimento di Stato (cioè la Clinton) non aveva istituito alcun canale diretto di gestione crisi con il regime libico (che, al contrario, aveva il Pentagono), né aveva conoscenza di chi fossero realmente i “ribelli anti-Gheddafi” e di quanti jihadisti e islamisti vi erano al loro interno.

4) La Clinton manipolò le informazioni su un presunto genocidio in atto da parte del governo libico; genocidio smentito dal Pentagono e dalle organizzazioni umanitarie operanti in Libia.

Sarah Leah Whitson, direttore esecutivo del Medio Oriente per Human Rights Watch ha confermato al Washington Times che vi erano state atrocità ma “nulla che potesse far pensare ad un genocidio imminente”. Amnesty International, in un report del settembre 2011, svelò che i crimini erano compiuti anche dai ribelli (torture, esecuzioni sommarie di civili e rapimenti di lavoratori stranieri).

GENERALI “PACIFISTI” E POLITICI GUERRAFONDAI
Come scrivemmo già nel 2011, Hillary Clinton forzò le informazioni, inaugurando la teoria della guerra umanitaria preventiva: colpire Gheddafi non per i crimini commessi ma per quelli che avrebbe potuto commettere. Una vera follia.
L’intelligence militare spiegava, al contrario, che Gheddafi aveva dato precisi ordini di non colpire i civili per evitare reazioni internazionali.

Dalle registrazioni si evidenzia come il Pentagono (nella figura dell’Ammiraglio Mullen allora Capo di Stato Maggiore congiunto) non si fidasse delle relazioni che il Dipartimento di Stato e la Cia impacchettavano ad Obama, “ma non c’era nulla che potesse fare per contrastarle”.

La signora Clinton fu inamovibile nel trascinare la Casa Bianca nell’avventura libica (e Obama nel farsi trascinare), ignorando gli avvertimenti del Pentagono secondo cui “gli interessi degli Stati Uniti non erano in gioco, mentre e la stabilità regionale poteva essere minacciata” nel caso di caduta del regime.

Charles Kubic, uno dei mediatori del Pentagono in Libia ha rivelato che dopo la prima settimana di missili americani sulle basi libiche, Gheddafi era disposto a cedere il suo governo per una transizione pacifica a due condizioni: l’eliminazione delle sanzioni contro di lui e l’insediamento di una forza militare in Libia che impedisse la consegna del paese ai jihadisti; “Tutti pensavano che fosse una cosa ragionevole. Ma non il Dipartimento di Stato“.

RICORDIAMOCI QUESTA STORIA
Con buona pace del prof. Luttwak, la Casa Bianca non può esimersi dalle responsabilità di quella guerra disastrosa.

Fra un anno la signora Clinton potrebbe essere uno dei candidati alla presidenza degli Stati Uniti; ricordiamoci di tutto questo quando inizieremo a leggere i peana dei servizievoli giornalisti italiani sulla “prima donna presidente degli Stati Uniti”; la cui irresponsabilità e incapacità è una delle causa del dilagare dell’Isis nel Mediterraneo.

18 mar 2015

Cartelle Esattoriali

ROMA – La Corte Costituzionale ha cancellato ieri (17 marzo) la nomina di 767 funzionari dell’Agenzia delle Entrate, delle Dogane e del Territorio (più della metà) promossi illegittimamente a dirigenti senza un pubblico concorso.

La sentenza della Consulta potrebbe avere gli effetti di una bomba atomica non solo per Equitalia, ma per lo stesso ministero dell’economia e delle finanze (Mef) perché centinaia di migliaia di cartelle esattoriali sono state firmate dai 767 “falsi dirigenti” e di conseguenza potrebbero venire considerate nulle o addirittura inesistenti, in quanto è “in dubbio la validità degli atti firmati dai nominati”.
 
Cosa potrebbe succedere.
L’avvocato Greco fa alcune proiezioni: secondo il consolidato orientamento sposato dalla Cassazione e dai tribunali di tutta Italia, gli atti fiscali sono nulli (alcuni tribunali, addirittura, parlano di “inesistenza”) se firmati da chi non aveva il potere per farlo.
E dunque, chi non ha ancora pagato potrà fare ricorso al giudice per ottenere l’annullamento della richiesta di pagamento.
Lo potrà fare anche chi ha chiesto o ha già avviato una rateazione.
In passato abbiamo pubblicato anche la formula da inserire nel ricorso per chiedere la nullità della cartella.

E se sono scaduti i termini per impugnare?
In verità, stando all’orientamento (maggioritario) che ritiene gli atti privi di firma “inesistenti”, questo non dovrebbe essere un problema, in quanto si tratterebbe di una nullità non sanabile neanche con il decorso dei termini.
Ovviamente, però, ogni tribunale ha la sua interpretazione.

Come faccio a sapere se il mio atto è firmato da un falso dirigente?
Per evitare un ricorso “alla cieca” contro la cartella esattoriale, bisogna innanzitutto verificare che la stessa abbia come presupposto un pagamento chiesto dall’Agenzia delle Entrate e non da altre amministrazioni.
Poi bisognerebbe avere la certezza che l’atto a monte sia stato notificato da uno dei falsi dirigenti.
Tuttavia l’elenco dei dirigenti privi di potere non è mai stato diffuso ufficialmente.
Il contribuente potrebbe tentare di superare l’ostacolo depositando una istanza di accesso agli atti amministrativi e chiedendo di verificare la documentazione inerente alla carriera del dirigente firmatario.

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16 mar 2015

30 gen 2015

MAURIZIO R.i.p.



Addio a Maurizio Arcieri. Una delle sue canzoni più note è: «Cinque minuti e poi...»

Fondatore di Krisma e New Dada n’è andato a 72 anni.

OCCHIO ALLA LEGNA

Era andato a raccattare i rami secchi caduti dagli alberi del parco pubblico di Villa dei Leoni a Mira Taglio (Venezia), ma si è ritrovato denunciato per furto di bene pubblico a causa della segnalazione del consigliere grillino Riccardo Barberini.





Protagonista della vicenda è Alberto Mandro, 79 anni, che dopo aver visto un bel po' di legna abbandonata nel parco e sapendo che dopo le potature periodiche il Comune mette a disposizione delle collettività il legname per risparmiare sulla sua rimozione, ha ben pensato di caricarne un po' in macchina e di usarla per il caminetto.

"Stavo segando un vecchio ramo per mettere la legna in macchina quando mi si è avvicinato, qualificandosi imperiosamente come consigliere comunale, un ragazzo, Riccardo Barberini, che mi ha accusato di rubare il patrimonio pubblico del Comune", ha raccontato l'uomo, che ha provato a spiegare che si trattava di un ramo secco abbandonato a terra.

Barberini, però, non ha voluto sentire ragioni e ha chiamato i vigili che hanno dovuto agire d'ufficio, nonostante non avessero riscontrato danni: "Effettivamente abbiamo dovuto procedere con la denuncia per furto in quanto l’uomo stava portando via dal parco di Villa dei Leoni quello che tecnicamente è patrimonio pubblico. È scattata così la denuncia d’ufficio per furto.

Non potevamo fare altro", raccontano gli agenti al quotidiano La Nuova Venezia.

Così l'anziano dovrà subire un processo penale per furto .......

Ho ricevuto questo commento :
se si tratta di asporto del bene pubblico senza la compilazione dei moduli il fatto non sussiste in quanto l'ubicazione nonchè l'utilizzo e la spettanza del " bene " era comunque destinato ad uso del popolo , ovvero per i meno abbietti e o bisognosi .
Facendosi carico della rimozione tramite lavoro la persona ha solamente accelerato l'asporto evitando il marcimento causa pioggia , del suddetto bene .
Rimane la strada della controdenuncia presso giudice di pace , costo unico del bollo di 37 euro per diffamazione , falso in atto pubblico ovvero non v'è stato furto e offesa a pubblico cittadino , contro l'innocente asportatore di legna .
Da richiedersi in simile causa dal signore che ha asportato la legna danni morali per diffamazione , offesa morale e falso in atto pubblico per almeno 2 mila euro tramite denuncia al giudice di pace contro il consigliere comunale , oltre ai costi ivi accessori quali spese procedurali sostenute nei 37 euro del bollo necessario per la denuncia .
Se non ci si difende contro simili persone da 5000 - 10000 euro mensili ..

22 gen 2015

REQUISITI PENSIONE

Accesso pensione 2015

Dal 1 gennaio 2015, l’accesso alla pensione avrà questi requisiti:
  • Per gli uomini (autonomi e dipendenti di qualsiasi settore) e le lavoratrici del settore pubblico: 66 anni e tre mesi.
  •  Per le donne dipendenti del settore privato:  63 anni e 9 mesi
  • Donne lavoratrici autonome: 64 anni e 9 mesi.
 Accesso pensione 2016

Dal 1 gennaio 2016 per i lavoratori dipendenti maschi, sia del privato sia del pubblico e quelli autonomi, per l’accesso alla pensione di vecchiaia ci vorranno 66 anni e sette mesi (oltre a un minimo di 20 venti anni di contributi). 66 anni e 7 mesi anche per le lavoratrici dipendenti del pubblico impiego.
65 anni e 7 mesi invece per le lavoratrici del settore privato, così  per le lavoratrici autonome ci vorranno 66 anni e un mese dal primo gennaio 2016.

In tutti i casi sono sempre richiesti almeno 20 anni di anzianità contributiva.

21 gen 2015

AUGURI

Oggi compie gli anni una persona "speciale". AUGURI


15 gen 2015

RAVVEDIMENTO OPEROSO 2015 + TASSO LEGALE

Ravvedimento operoso: le novità 2015
Fino a tutto il 2014
Il contribuente può ricorrere al ravvedimento operoso soltanto nel caso in cui, ai sensi del comma 1 dell’articolo 13 del D.Lgs n. 472/97, “la violazione non sia già stata contestata e comunque non siano iniziati accessi, verifiche, ispezioni, o altre attività amministrative di accertamento” da parte del Fisco.
Il ravvedimento è possibile:
- entro 14 giorni dopo la scadenza mancata: sanzione allo 0,2% per ogni giorno di ritardo,
- entro 30 giorni: sanzione al 3%
- entro un anno: sanzione al 3,75%

Dal 2015
Con le modifiche della Legge di Stabilità le cause ostative all’utilizzo del ravvedimento operoso vengono limitate al solo caso in cui al contribuente venga notificato un atto di liquidazione o un avviso di accertamento.
In pratica, questo significa che un contribuente che ha ricevuto un Pvc a seguito di un’attività di ispezione e verifica da parte del Fisco potrà ancora usufruire del ravvedimento operoso per sanare la propria posizione.
Termini più lunghi
La Legge di Stabilità modifica i termini per usufruire del ravvedimento operoso, con una nuova riduzione delle sanzioni rispetto a quelle già in vigore.
In particolare, termini e sanzioni vengono così rimodulate:
Entro:
14 giorni dal termine per il versamento: sanzione dello 0,20% giornaliero;
30 giorni dal termine per il versamento: sanzione ridotta del 3%;
90 giorni dal termine per il versamento: sanzione ridotta del 3,3%;
1 anno dal termine per il versamento: sanzione del 3,75%;
2 anni dal termine per il versamento: sanzione del 4,2%;
Oltre
2 anni dal termine per il versamento: sanzione del 5%;
Naturalmente, oltre al versamento dell’imposta e della sanzione, in misura ridotta, il contribuente dovrà versare anche gli interessi di mora, calcolati al tasso legale annuo a partire dal giorno in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato e sino al giorno di effettivo versamento.

In pratica, con le nuove regole il Fisco concede la possibilità di ravvedersi anche senza limiti di tempo, con sanzioni sempre ridotte, al massimo il 5%.
La sanzione piena, del 30% resta applicabile esclusivamente nel caso in cui il Fisco intervenga attraverso la comunicazione di un accertamento.


Ravvedimento IMU e Tasi: cosa cambia con la legge di Stabilità

Queste novità sul ravvedimento si applicano anche al pagamento in ritardo del saldo IMU e Tasi lo scorso 16 dicembre, in particolare il nuovo ravvedimento medio, e cioè la riduzione della sanzione a 1/9 se ci si ravvede entro 90 giorni. Se si pagano entro il 16 marzo 2015, la sanzione è ridotta al 3,3%.

Dal 1° gennaio 2015 il tasso di interesse legale passerà allo 0,5%, dall’attuale 1% che continuerà ad essere applicato fino al 31 dicembre 2014, per effetto del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze dell’11 dicembre 2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 290/2014. Il dimezzamento della misura degli interessi legali avrà conseguenze positive anche sul ravvedimento operoso.

14 gen 2015

ESSERE DI SINISTRA .......

Qualche giorno fa in occasione dei settant’anni di Mario Capanna il Corriere della Sera ha titolato «una vita contro». Peccato che il giorno del compleanno del compagno Capanna non sia caduto qualche giorno dopo. Altrimenti il Corriere avrebbe potuto aggiungere un altro elemento al novero dei «contro»: contro il taglio del vitalizio.
Proprio in questi giorni lo storico leader sessantottino, già animatore delle proteste studentesche, già segretario di Democrazia proletaria, è tornato alla ribalta delle cronache dopo decenni di assenza. Motivo? Ha firmato, insieme a 53 ex colleghi, un ricorso per evitare il taglio del 10% del vitalizio proposto dal Pirellone di cui è stato consigliere regionale per una legislatura. Scelta che ha destato parecchie polemiche e che ha spinto il noto programma radiofonico La Zanzara, condotto da Giuseppe Cruciani con David Parenzo su Radio 24, ad intervistare Capanna. Che ci ha dato una gran notizia di cui dovremmo essergli tutti grati: non ha firmato il ricorso per lui, per miseri due-trecento euro (che a molti farebbero comodo). L’ha fatto per tutti noi giovani precari, cassintegrati, per i pensionati che al mese prendono un decimo di lui (500 contro oltre 5mila).
Alla domanda, prevedibile, di Cruciani che ha chiesto «sentendo questa notizia qualcuno ha commentato: Capanna è partito contestando il mondo ed è finito a contestare il vitalizio». Capanna ha risposto: «Schiocchezzina, schiocchezzina il problema non sono i cento o duecento euro di decurtazione, il problema è che se malauguratamente non ci venisse data ragione dal Tar si aprirebbe un precedente micidiale che riguarderebbe milioni di pensionati e lavoratori: ovvero che è lecito intaccare i diritti acquisiti che non sono privilegi ma diritti costituzionalmente garantiti». In pratica quel che Capanna ci sta dicendo è: mi hanno dato il vitalizio, ora nessuno me lo può togliere. Ma, attenzione, che non combatte per sé ma per gli altri. «Io la casta – ha aggiunto – la combatto dal 17 novembre 1967, dalla prima occupazione. Io prendo due vitalizi perché sono meritati. [...] La cifra può essere alta rispetto alla metà di pensionati che prende meno di mille euro, ma il punto è portare in alto le pensioni più basse non tagliare per invidia quelle più alte. Se il ricorso non passa vuol dire che tutti potremmo essere sottoposti al taglieggiamento delle pensioni».
Peccato che Capanna non consideri una cosa: il suo vitalizio (cosa diversa dalla pensione) è pagato con i nostri soldi. Non solo perché, cosa scontata, tutti i contributi sono stati pagati con soldi pubblici, ma anche perché i vitalizi sono calcolati secondo un sistema pesantemente retributivo: in pratica, qualunque sia la speranza di vita, il politico prende molto di più di quello che ha versato. Soldi pagati dalle nuove generazioni sottoposte, viceversa, a un sistema contributivo che darà loro meno di quello stanno versando. E visto che, come ben sa Capanna, i soldi non crescono sugli alberi ciò vuol dire che parte del suo vitalizio è pagato con la fiscalità previdenziale delle nuove generazioni. Motivo per cui tagliare a Capanna non significa fare un torto ai giovani bensì a un favore.
Per farla breve quarant’anni fa Capanna era un giovane che combatteva contro il potere e i privilegi degli anziani. Lo si fa sempre quando si è giovani. Peccato che poi, col tempo, s’invecchi.

.........


NON DIMENTICATE CHE SONO 2 I PAST PRESIDENT


Benefit che per legge sono garantiti a tutti gli ex capi di Stato italiani e mai soppressi nonostante le promesse di spending review.
  1. la scorta sarà fissa sotto casa e lo seguirà nei suoi spostamenti
  2. per Napolitano lavorerà uno staff che potrebbe arrivare a contare fino a quindici persone. Solo la segreteria da neo senatore a vita sarà, infatti, formata da almeno dieci persone
  3. A Sant'Ivo alla Sapienza, proprio di fronte a Palazzo Madama, Napolitano avrà un ufficio di oltre 100 metriquadri. Si tratta dello stesso ufficio che ospitò Oscar Luigi Scalfaro. "Qui - spiega l'Huffington Post, potrebbero lavorare un capo ufficio, due addetti ai lavori esecutivi, due a quelli ausiliari, tre funzionari generici, e un consigliere diplomatico". I funzionari saranno pagati (ovviamente) dal Senato
  4. ai funzionari del Senato andranno ad aggiungersi a quelli messi a disposizione del Quirinale. Secondo voci vicine all'ex presidente della Repubblica, a seguire Napolitano saranno un segretario personale, un "addetto alla persona" e un guardarobiere. Più, ovviamente, l'autista personale che lo seguirà in ogni spostamento
  5. il benefit dell'auto e dell'autista non spetterà solo a Napolitano, ma anche al figlio primogenito Giulio
Napolitano ha rinunciato all'indennità di fine mandato. Quindi niente vitalizio che solitamente si portano a casa gli ex parlamentari. Si limiterà a incassare i circa 15mila euro al mese destinati ai senatori a vita. "A questo - racconta l'Huffington Post - si aggiungeranno linee telefoniche protette che gli consentiranno di avere un filo diretto sia con il Quirinale sia con il Viminale, canali televisivi in bassa frequenza, collegamenti con agenzie e banche dati riservate".

8 gen 2015

BUFALA MEGA-GALATTICA

Roma, 8 gennaio 2015. Torniamo sull’argomento “giovani disoccupati”.
Di nuovo i media, citando l’Istat, sparano la cifra del 43,9%.
E’ una bufala!

Riprendiamo il comunicato dell’Istat sulla disoccupazione giovanile: “L’incidenza dei disoccupati di 15-24 anni sulla popolazione in questa fascia di età è pari all’12,2%”.

I media riportano, quindi, un dato “interpretato”, infatti, la disoccupazione sale al 43,9% se consideriamo disoccupati gli studenti e gli universitari!

E’ da mesi che i media riportano, in maniera errata, il dato sulla disoccupazione.

Evidentemente, non e’ un errore ma una scelta precisa. Allarmismo?
Sta di fatto che gli italiani non spendono per paura del futuro e ritengono che il modo migliore per tutelarsi e’ quello mettere in “frigo” i propri risparmi: non investono ne’ in immobili (anche perche’ sono cari) ne’ in strumenti finanziari.

Dal 2013 al 2014 sono aumentati i depositi bancari di ben 44 miliardi, per una cifra complessiva di risparmio di 1.709 miliardi.

Basterebbe spendere un decimo di quei 1.709 miliardi per rilanciare i consumi.

Evidentemente, cosi non si vuole. E ci si lamenta.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc