31 mar 2015

APRITE GLI OCCHI

Proprio vero.
Questo è uno dei peggiori incantatori e ciarlatani che abbiamo avuto nella storia d'Italia.....e purtroppo tanta gente ci casca. Se condividete, passate parola.

Ieri il governo Renzi ha improvvisamente rialzato la testa, urlando ai quattro venti i risultati incoraggianti dell’aumento dei contratti a tempo indeterminato.


Dopo un anno di indicatori puntualmente negativi, i primi dati sulle assunzioni nel 2015 sono stati annunciati con l’anticipo delle grandi occasioni, prima da parte del premier stesso che ha raccontato come il ministro Poletti avesse in mano dei numeri “a due cifre” poi, infine, dallo stesso ministero del Lavoro che li ha diffusi orgogliosamente.


Questo, in sostanza, l’esito del monitoraggio operato dallo stesso ministero del Welfare: nel primo bimestre del nuovo anno, i contratti a tempo indeterminato sono cresciuti del 38,5% rispetto allo stesso periodo del 2014, con un incremento di oltre 70mila assunzioni in complesso.


Un risultato, ovviamente, salutato con entusiasmo dal presidente del Consiglio. “L’Italia riparte”, ha sentenziato Matteo Renzi, mentre, dalla maggioranza, si sperticavano le lodi della politica economica dell’esecutivo.

Ma una cosa dev’essere chiara fin da subito: i numeri che oggi l’esecutivo sventola con tanta soddisfazione non hanno niente a che fare con la riforma del lavoro. O, forse, dipendono proprio dal suo arrivo, non già come incentivo, ma come deterrente: ecco perché.


Innanzitutto, è da sottolineare il valore aggiunto degli sgravi contenuti nella recente legge di stabilità, che ha ridotto sensibilmente i contributi Inps ai datori di lavoro che sottoscrivono nuovi contratti a tempo indeterminato, insieme a una parallela riduzione del fardello Irap.
Insomma, un’occasione molto ghiotta che, giustamente, le imprese hanno prontamente colto non appena i fondi sono stati sbloccati.


Ma d’altro canto, persiste un’ulteriore ragione alla base dell’impennata così decisa delle assunzioni.

E non rientra nei casi dell’economia che riparte, o della crisi ormai alle spalle, tutte frasi che spesso, purtroppo, abbiamo sentito a sproposito.


Siccome i dati diffusi dal ministero del Lavoro si riferiscono ai mesi di gennaio e febbraio, non bisogna ignorare come la nuova tipologia dei contratti a tutele crescenti, contenuta nel decreti attuativi del Jobs Act sia entrata in vigore, guarda caso, proprio dal 7 marzo.

Tutti i rapporti di lavoro a tempo indeterminato sottoscritti da quel giorno, non godonoo più della corazza contro il licenziamento senza giusta causa prima costituita dall’articolo 18.


Ecco, dunque, che i numeri tanto osannati dal governo assumono dunque una luce completamente diversa: anziché segnale incoraggiante per il recupero della ricchezza e l’occupazione, potrebbe essere il frutto di un comportamento difensivo attuato dai lavoratori, per tutelarsi di fronte all’imminente riforma dei contratti, magari accettando condizioni più sfavorevoli pur di non rimetterci anche nella protezione del proprio posto di lavoro.

La risposta definitiva la conosceremo solo tra qualche mese, quando saranno diffusi i dati relativi al rodaggio dei nuovi regimi contrattuali, scaturiti dal tanto contestato Jobs Act.



E chissà che non finiremo per imbatterci in una scoperta davvero inattesa: di questa riforma potevamo tranquillamente farne a meno.

21 mar 2015

QUOZIENTE ZERO

Questa non mi è mai piaciuta.......

Recentemente il Washington Times ha ricostruito, attraverso documenti segreti ritrovati a Tripoli dopo la caduta di Gheddafi, l’operazione di manipolazione orchestrata da Hillary Clinton (allora Segretario di Stato americano), per legittimare l’intervento militare Usa in Libia.

I documenti sono una serie di telefonate registrate (e confermate dai diretti interessati), intercorse tra alti ufficiali del Pentagono, un membro democratico del Congresso americano e Saif Gheddafi, figlio del Colonnello, nei giorni cruciali della guerra.

Dai documenti appaiono con chiarezza 4 livelli d’irresponsabilità e approssimazione con cui Washington si è rapportata alla crisi libica:

1) il Pentagono agiva indipendentemente dal Dipartimento di Stato, per evitare una guerra che (incredibilmente) erano i militari a non volere e i politici ad imporre.

2) la Cia non aveva la minima idea di cosa stesse realmente accadendo sul terreno, all’interno della guerra civile.

3) il Dipartimento di Stato (cioè la Clinton) non aveva istituito alcun canale diretto di gestione crisi con il regime libico (che, al contrario, aveva il Pentagono), né aveva conoscenza di chi fossero realmente i “ribelli anti-Gheddafi” e di quanti jihadisti e islamisti vi erano al loro interno.

4) La Clinton manipolò le informazioni su un presunto genocidio in atto da parte del governo libico; genocidio smentito dal Pentagono e dalle organizzazioni umanitarie operanti in Libia.

Sarah Leah Whitson, direttore esecutivo del Medio Oriente per Human Rights Watch ha confermato al Washington Times che vi erano state atrocità ma “nulla che potesse far pensare ad un genocidio imminente”. Amnesty International, in un report del settembre 2011, svelò che i crimini erano compiuti anche dai ribelli (torture, esecuzioni sommarie di civili e rapimenti di lavoratori stranieri).

GENERALI “PACIFISTI” E POLITICI GUERRAFONDAI
Come scrivemmo già nel 2011, Hillary Clinton forzò le informazioni, inaugurando la teoria della guerra umanitaria preventiva: colpire Gheddafi non per i crimini commessi ma per quelli che avrebbe potuto commettere. Una vera follia.
L’intelligence militare spiegava, al contrario, che Gheddafi aveva dato precisi ordini di non colpire i civili per evitare reazioni internazionali.

Dalle registrazioni si evidenzia come il Pentagono (nella figura dell’Ammiraglio Mullen allora Capo di Stato Maggiore congiunto) non si fidasse delle relazioni che il Dipartimento di Stato e la Cia impacchettavano ad Obama, “ma non c’era nulla che potesse fare per contrastarle”.

La signora Clinton fu inamovibile nel trascinare la Casa Bianca nell’avventura libica (e Obama nel farsi trascinare), ignorando gli avvertimenti del Pentagono secondo cui “gli interessi degli Stati Uniti non erano in gioco, mentre e la stabilità regionale poteva essere minacciata” nel caso di caduta del regime.

Charles Kubic, uno dei mediatori del Pentagono in Libia ha rivelato che dopo la prima settimana di missili americani sulle basi libiche, Gheddafi era disposto a cedere il suo governo per una transizione pacifica a due condizioni: l’eliminazione delle sanzioni contro di lui e l’insediamento di una forza militare in Libia che impedisse la consegna del paese ai jihadisti; “Tutti pensavano che fosse una cosa ragionevole. Ma non il Dipartimento di Stato“.

RICORDIAMOCI QUESTA STORIA
Con buona pace del prof. Luttwak, la Casa Bianca non può esimersi dalle responsabilità di quella guerra disastrosa.

Fra un anno la signora Clinton potrebbe essere uno dei candidati alla presidenza degli Stati Uniti; ricordiamoci di tutto questo quando inizieremo a leggere i peana dei servizievoli giornalisti italiani sulla “prima donna presidente degli Stati Uniti”; la cui irresponsabilità e incapacità è una delle causa del dilagare dell’Isis nel Mediterraneo.

18 mar 2015

Cartelle Esattoriali

ROMA – La Corte Costituzionale ha cancellato ieri (17 marzo) la nomina di 767 funzionari dell’Agenzia delle Entrate, delle Dogane e del Territorio (più della metà) promossi illegittimamente a dirigenti senza un pubblico concorso.

La sentenza della Consulta potrebbe avere gli effetti di una bomba atomica non solo per Equitalia, ma per lo stesso ministero dell’economia e delle finanze (Mef) perché centinaia di migliaia di cartelle esattoriali sono state firmate dai 767 “falsi dirigenti” e di conseguenza potrebbero venire considerate nulle o addirittura inesistenti, in quanto è “in dubbio la validità degli atti firmati dai nominati”.
 
Cosa potrebbe succedere.
L’avvocato Greco fa alcune proiezioni: secondo il consolidato orientamento sposato dalla Cassazione e dai tribunali di tutta Italia, gli atti fiscali sono nulli (alcuni tribunali, addirittura, parlano di “inesistenza”) se firmati da chi non aveva il potere per farlo.
E dunque, chi non ha ancora pagato potrà fare ricorso al giudice per ottenere l’annullamento della richiesta di pagamento.
Lo potrà fare anche chi ha chiesto o ha già avviato una rateazione.
In passato abbiamo pubblicato anche la formula da inserire nel ricorso per chiedere la nullità della cartella.

E se sono scaduti i termini per impugnare?
In verità, stando all’orientamento (maggioritario) che ritiene gli atti privi di firma “inesistenti”, questo non dovrebbe essere un problema, in quanto si tratterebbe di una nullità non sanabile neanche con il decorso dei termini.
Ovviamente, però, ogni tribunale ha la sua interpretazione.

Come faccio a sapere se il mio atto è firmato da un falso dirigente?
Per evitare un ricorso “alla cieca” contro la cartella esattoriale, bisogna innanzitutto verificare che la stessa abbia come presupposto un pagamento chiesto dall’Agenzia delle Entrate e non da altre amministrazioni.
Poi bisognerebbe avere la certezza che l’atto a monte sia stato notificato da uno dei falsi dirigenti.
Tuttavia l’elenco dei dirigenti privi di potere non è mai stato diffuso ufficialmente.
Il contribuente potrebbe tentare di superare l’ostacolo depositando una istanza di accesso agli atti amministrativi e chiedendo di verificare la documentazione inerente alla carriera del dirigente firmatario.

__________________

16 mar 2015