28 gen 2012

IKEA - L'Iva la versa....solo quella però -.

IKEA STRUTTURA SOCIETARIA: UN ROMPICAPO RAGIONATO

Cerchiamo prima di tutto di fare una veloce panoramica sulla struttura societaria di Ikea (avete presenti le matrioske? Ok quelle sono russe ma rendono bene l’idea). Cerchiamo allora di ricostruire i pezzi (proprio come se avessimo davanti un mobile a pezzi appena comprato da Ikea). Nella posizione di controllo di tutto il gruppo c’è una coppia che nel 1982 ha creato in Olanda un’associazione No Profit chiamata Stichting Ingka Foundation. Lui, Ingvar Kamprad , è uno degli uomini più ricchi del mondo. Inter Ikea Holding è venuta in seguito ed è stata fondata nelle Antille Olandesi. Inter Ikea System Bv, controllata da Inter Ikea Holding, è la titolare del “concetto Ikea”, per il quale gli vengono riconosciute ogni anno royalties, che corrispondono come minimo al 3% del fatturato, dalle più di 250 sedi Ikea nel mondo.
Ma veniamo all’Italia, che in questa sede è quello che ci interessa. Quando acquistate un qualsiasi prodotto in un negozio Ikea sullo scontrino potete leggere che è stato emesso da Ikea Italia Retail. Questa società è italianissima: ha sede a Carugate, in provincia di Milano, e paga le tasse in Italia. Retail fa capo alla Ikea Italia Holding, holding italiana con socio unico, la holding olandese appunto. In Italia altre tre società sono registrate con il marchio Ikea: Ikea Italia Distribution, Ikea Italia Property e Ikea Trading Services Italy.
Poiché Ikea non è quotata in borsa è sottoposta a scarsi obblighi di trasparenza se non i fatturati dei Retail, ovvero dei negozi dislocati.
Quello che Retail, Property e Distribution possono fare è scambiarsi i dati: questo, relativamente alle voci di bilancio, permette di spostare le voci in positivo fuori dall’Italia riducendo gli oneri fiscali nel nostro Paese.
Prendiamo poi nello specifico Ikea Property, che si occupa della realizzazione dei mobili che poi vengono venduti nei Retail. Property ha un capitale sociale pari 5 milioni di euro e un bilancio in rosso (con debiti verso le società controllanti che ammontano a circa 400 milioni). Di conseguenza, l’interesse pagato alle stesse controllanti supera i 18 milioni di euro. L’interesse però abbatte l’imponibile nel nostro Paese. E’ quello che si chiama “sandwich olandese” con migrazione di capitali fuori dall’Italia.
C’è poi la Ikea Trading Services, che però ha sede a Trezzano del Naviglio (Mi), che gestisce le relazioni tra la multinazionale e i suoi fornitori italiani. Il 99% delle quote è controllato da Ingka Pro Holding (Olanda) e il restante 1% da Ingka Holding Europe (Olanda).

LA LEGGE INCRIMINATA CHE PERMETTE A QUESTE MULTINAZIONALI DI “EVADERE”

La Legge 311/2004 articolo 1 comma 429 prevede che le multinazionali con sede legale nei cosiddetti paradisi fiscali facciano riferimento a quel regime fiscale anche se operano in Italia.
Questa norma però non esonera dalla trasmissione telematica degli incassi giornalieri (formalità che sostituisce di fatto l’obbligo dello scontrino fiscale). Restano peraltro inalterati gli adempimenti previsti dal titolo II del dPR n. 633 del 1972 e quindi quello di registrazione, liquidazione e versamento periodico ed annuale dell’imposta, oltre che quello di tenuta delle scritture contabili (ex articolo 39 del medesimo dPR n. 633 del 1972). L’AF può accertare in qualsiasi momento che gli importi inviati per via telematica corrispondano effettivamente a quelli battuti (i sigilli dei registratori di cassa non possono essere violati).

MIB

Stiamo sempre lì. A giocare fra 14000 e 16600. Per lunedì abbiamo il declassamento di Fitch - che potrebbe farci un baffo - e le notizie sulla Grecia. Perdere 2000 punti sarà molto dura, molto meno farne 600 in sù.

D J

Mah, vediamo se rientra nella normalità. Nel senso che rifiati un attimo

23 gen 2012

MANDIAMOLI VIA

Aziende Italiane – Lo shopping straniero e la mancanza istituzionale

Ultimo colpo straniero in Italia, dopo Gancia, Buitoni, Parmalat, Perugina, anche Ar Alimentari è stata venduta ad un gruppo estero, segno che al di là del nome l' investitore estero cerca l' eccellenza, nessuna reazione dal mondo politico, dove è finita l' importanza del mantenimento dell' italianità ?

Nelle scorse settimane, nel momento del crollo delle quotazioni degli istituti bancari, anche dai post di questo Blog si disquisiva di come ormai anche gli istituti più grossi fossero in balia di possibili acquisizioni provenienti dall’ estero.
Al di là delle parole, non abbiamo comunque assistito a nessun tipo di iniziativa di questo genere, forse perché anche all’ estero gli istituti in questo momento stanno badando più a coprire i buchi che non a guardarsi intorno, o forse più semplicemente i nostri istituti finanziari non risultano poi così appetibili.
Questa considerazione deriva dal fatto che in altri settori la corsa all’ acquisizione del made in Italy continua a spron battuto, evidentemente l’ investitore estero è più propenso ad investire nell’ eccellenza che nel fumo.
Non si spiegherebbe altrimenti come mai una dopo l’ altra le realtà italiane industriali migliori, vengano regolarmente acquisite da gruppi esteri, sia nei momenti di euforia economica che in momenti di grave crisi.
Dall’ estero negli ultimi tempi ci stanno dimostrando come le operazioni spettacolari non rappresentino la strategia vincente, quando si può acquisire eccellenze ad un prezzo nettamente inferiore.
Nell’ ultimo anno, le uniche operazioni industriali che hanno trovato una notevole cassa di risonanza mediatica sono state quelle inerenti l’ acquisizione di Parmalat da parte di Lactalis e il riassetto Edison.
Il primo, ha fatto scorrere fiumi d’ inchiostro, più che altro per l’ alzata di scudi dell’ ex ministro Tremonti, in favore del mantenimento dell’ italianità.
Il secondo, a causa degli interessi politici che il riassetto di Edison e l’ eventuale cessione della governance a GDF avrebbero avuto su utility locali e partecipazioni di gruppi finanziari.
Negli ultimi giorni, l unica “pseudo” operazione industriale riportata quotidianamente sugli organi di informazione è stata quella inerente la separazione ENI – Snam Rete Gas, senza dubbio di notevole importanza futura, ma di poca rilevanza attuale per la salvaguardia del sistema industriale italiano.
Peccato che in questo lasso temporale, non una ma parecchie aziende italiane di prestigio, siano state tranquillamente acquisite da gruppi esteri, senza che nessuno abbia fatto il minimo sforzo per impedire che ciò avvenisse.
La domande che sorge spontanea : Perché bisognava salvare l’ Italianità di Parmalat e Edison, e non quella delle altre aziende ?

Come al solito, non è il puro concetto quello che vale, ma la convenienza e la cassa di risonanza che va ad influire sull’ operato dei legislatori.
Se così non fosse, come si spiegherebbe le acquisizioni straniere di aziende italiane quali :
Gancia, la stessa Parmalat, Perugina, Bertolli, e ancora prima Buitoni, Perugina, Antica gelateria del Corso, Algida, Carapelli, Sasso, Minerva oli.
Per concludere con la notizia degli ultimi giorni, il passaggio di Ar Alimentari, primo produttore italiano di pomodoro pelati falla anglo-nipponica Princes controllata dal gigante Mitsubishi.
Quello che si evince da questa lista, è come il settore della produzione alimentare italiana, un settore d’ eccellenza, un vero e proprio biglietto da visita per l’ Italia all’ estero, una delle realtà più belle che potevamo annoverare come nostre sia stato ceduto senza colpo ferire ed investitori stranieri.
Quello che non si può e non si deve fare, è scaricare la colpa sull’ imprenditoria italiana, come si potrebbe accusare di mancanza di senso nazionale gruppi, famiglie industriali che attendono risposte dai vari governi da decenni ?
Quante volte abbiamo sentito dire dal Management di aziende “Private” italiane, come fosse insostenibile il peso esercitato dallo stato sulla filiera italiana, quali risposte sono venute dai legislatori ?
É mai possibile che le aziende che possono godere degli aiuti di stato in Italia siano a livello industriale due ? La compagnia di bandiera nazionale e la casa produttrice di autovetture e affini ?
E tutto il resto ? In Italia con il passare del tempo, sono scomparsi totalmente o quasi settori come il manifatturiero, il farmaceutico, l’ industria pesante.
In nome dell’ Europa e della sua unità hanno sacrificato, l’ intero settore agricolo.
Negli ultimi anni, per completare l’ opera, come da lista sopra riportata, che è solo una breve sequenza delle aziende che sono state acquisite, ma a cui mancano anche tutte quelle che hanno chiuso i battenti, si è assistito allo smantellamento del settore alimentare.
Evidentemente, la nostra classe politica, pensa che la gente possa trovare lavoro, cibarsi, esclusivamente mantenendo l’ amministrazione pubblica, Fiat, Alitalia, le aziende a partecipazione statale e le banche.
Avete forse notato nella manovra Monti, nel decreto sulle liberalizzazioni, nelle dichiarazioni dei componenti dell’ esecutivo tecnico, anche un solo piccolo accenno a misure per la crescita dell’ industria privata ?

Una minima preoccupazione sul continuo incessante “disaffezionarsi” degli imprenditori italiani verso le proprie aziende ?
Siamo proprio sicuri, che tutti gli imprenditori che hanno ceduto l’ azienda a gruppi stranieri, hanno preferito uscire dal mercato chiudendo l’ attività, abbia badato solo ed esclusivamente al lato monetario ?
Non è che in Italia, la classe politica, nelle follia di sentirsi unica depositaria dell’ equità e della giustizia, abbia compiuto, oltre all’ errore di trattare come pezze da piede i contribuenti, anche quello di abbandonare al proprio destino la classe imprenditoriale ?
Non è che i Tecnici, ora, troppo presi nel compito di “recuperare” risorse, stiano sottovalutando il problema di salvaguardare quel poco di attività industriale ancora presente sul nostro territorio ?
Perché sprecare tempo e risorse per creare con artifici e nuovi progetti, qualcosa che dia una nuova spinta la crescita economica, quando basterebbe ridare fiato alle aziende, permettendogli di avere accesso ad un credito a basso costo, per assistere al rilancio dello sviluppo ?
Quale strano meccanismo, fà si che le banche italiane, possano chiedere e ricevere denaro dalla BCE al tasso dell’ 1%, per poi tenerselo in casa o comprarci titoli di stato, mentre un’ azienda, il vero motore del’ economia per finanziarsi deve pagare tassi da usura alle stesse banche ?
Sono anni, che si parla della stortura che esiste nell’ esagerata potenza che le regole del mercato finanziario attuale concede alle Banche, ma non si è mai fatto nulla per cambiare le cose, evidentemente nei caveau degli istituti finanziari nasce e matura il grano i pomodori, le arance ecc ecc.
Nel frattempo i gruppi stranieri ringraziano, mentre noi siamo costretti ad acquistare prodotti di base italiani da loro.
Poi ognuno………

Tratto dal sito VerdeMoneta, scritto da Andato63

Come si fa a non essere d'accordo con quanto scritto ? La miopia di questo sotto Governo è davanti ai nostri occhi. Saranno solo 3 mesi, ma in un'industria, quando cambia il manico, in 3 mesi se ne introducono di novità. Qui solo tasse e vilipendio dell'Italianità.

22 gen 2012

Ci prendono per il kulo

Scusate, ma avete letto i 92 articoli, le 117 pagine del decreto che dovrebbe - nelle intenzioni di chi l'ha stilato - far ripartire l'economia, alzare il pil di 1,5 punti (povero Catricalà, ma dove vivi ? Beh, certo la sua ultima dichiarazione dei redditi pubblica era di soli 591.596 euro). Io penso che sia una presa per il kulo solenne, di quelle che ti asfaltano. Secondo me sono tutte baggianate, polvere negli occhi degli operai che vengono messi in mobilità, manciate di sabbia gettate addosso a quei disoccupati che non trovano un posto di lavoro e mi riferisco in particolare ai 50enni, un insulto a quei poveri pensionati che si ritroveranno a pagare l'Imu sulle loro casa, acquistata con i sudati risparmi di una vita ed ora costretti ad avere una pensione che sarà rivalutata al 100% per il 2012 ed al 50% per il 2012. NON SCORDIAMOCELO MAI. Però mi costituiscono delle nuove Autorithy, dei nuovi Comitati, dove entreranno i soliti noti, i professori, i notabili, "gli esperti" (della fava teorizzata) con stipendi da 200- 300- 400.000 euro annui.
E con questi provvedimenti il Pil aumenta di 1,5 punti ?

TAXI:La nuova autorità dei trasporti dovrà occuparsi dell'analisi del fabbisogno per ciascuna città, sentiti i sindaci, per verificare se ridurre o aumentare le licenze. Si prevede anche un meccanismo di compensazione per i tassisti che hanno già la licenza. Spetterà all'Authorithy dettare le regole per la mobilità da una città all'altra.

BANCHE:I nuovi provvedimenti stabiliscono che se una banca obbliga un risparmiatore a concludere un'assicurazione sulla vita deve proporgli un menù di assicurazioni e quindi proporre al cliente anche un'altra polizza di una ditta concorrente.

CARBURANTI:Novità anche nel settore carburanti con la previsione dell'incremento dei self-service e il rafforzamento di tutti i distributori indipendenti.

GAS:È stata prevista la separazione di Snam ha dall'Eni. Come spiega Passera ''Probabilmente con una separazione ben pensata tra infrastrutture e operatori si riuscira' ad avere nuovi investimenti e una riduzione dei costi del paese''. Anche in questo settore dunque si vuole spingere sulla concorrenza. Il settore, spiega Passera, ''e' forse l'elemento piu' rilevante del sistema e dei costi energetici del nostro paese".

RC AUTO:I provvedimenti andranno incidere anche sulle polizze RC Auto che sono cresciute in modo esponenziale e l'obiettivo del governo è quello di calmierarle attraverso un meccanismo di sconti franchigie ad esempio chi accetterà di utilizzare una scatola nera sulla propria vettura.

FARMACIE: In arrivo 5000 nuove farmacie con orari allargarti e sconti per i farmaci pagati direttamente dal cliente. E' anche prevista la nomina da parte del Consiglio dei Ministri di un commissario nel caso in cui le regioni non approvino la pianta organica per l'apertura delle nuove farmacie e se non saranno banditi i concorsi per coprire le nuove sedi. Quanto alla vendita dei farmaci di fascia C al momento sembra scartata l'ipotesi di una possibile vendita nelle parafarmacie

TARIFFE PROFESSIONALIÈ prevista l'abrogazione delle tariffe professionali sia di quelle minime sia di quelle massime e si prevede che tutti professionisti presentino al cliente un preventivo in forma scritta. La presentazione preventivo dovrà costituire un obbligo la cui inosservanza potrà costituire illecito disciplinare.

NOTAI Novità anche per la professione notarile con l'incremento dell'organico di 500 unità.

Suvvia, piantatela di prenderci per il kulo. Altrimenti ci inkazziamo.

U C G

Mi piacerebbe sapere da Pitt, cosa ne pensa di Ucg. Ma anche da Matisse e da Urzaiz.
Una cosa è certa, il lunedì della scorsa settimana hanno giocato veramente sporco con i diritti.
Questo il grafico della  prima giornata :
Come si può vedere, nella prima mezz'ora hanno giocato sul panico, portando il prezzo a 0,75. Poi sembrava che la trappola non fosse scattata, ma dopo un'ora hanno colpito con meno irruenza, ma con continuità e qui il popolo ha ceduto.Mentre il parco vendeva, alle 12,30 hanno cominciato ad acquistare con parsimonia, ma ad acquistare e il popolo ha invece continuato a vendere per la paura di trovarsi con la tasca buca. E siamo arrivati a 0,45
Il giorno successivo, altro colpo da maestro. Mezz'ora di fuoco, stavolta all'insù e subito si torna a 0,75
 qui il popolo ha uno sbandamento, ma come ? doveva andare a zero. Cosa sta succedendo ?
sono ricominciati gli acquisti. Ad ogni debolezza, ripicchiavano forte e così siamo arrivati a fine giornata a 0,85. I più furbi erano già pronti a portare a casa quasi il 100%. Ma non poteva finire così. La trappola era scattata molto bene, perchè accontentarsi del 100% ?

Terza giornata da copione, quarta pure con piccola incertezza alla quale hanno dato una bella spinta e con la quinta, si era già arrivati a 2 euro. In cascina il 300%
Alle 14,30 son cominciati i realizzi del venerdì. Diritto sceso ad 1,50. Lunedì, contrariamente ad ogni aspettativa, hanno tenuto il gioco. Hanno inculcato fiducia. Martedi mattina hanno tirato fuori subito la bomba. Si è visto che i 2 euro erano a portata di mano. Tutti ad acquistare a loro a ri-vendere
l'accumulo che avevano fatto ad 1,50
Giovedì tutti i pesci stavano abboccando. Sembrava che i 3 euro non fossero più un'ostacolo. Si apettava di più, di più. Secondo me, qui hanno venduto tutto. Quasi il 500% in pochi giorni.
Ed adesso cosa succederà lunedì ? Qui entra in gioco il titolo padre .....ma ora è tardi , le riflessioni le rimando a domattina. 'Notte........così ci potete pensare anche Voi.

15 gen 2012

La Legge della Rovina Statistica

“La storia si ripete e con essa gli errori di investitori/operatori” – A prescindere dal tipo di analisi utilizzata, vi sono due tipi di Errori Fatali in cui si può incorrere nel confronto con i mercati finanziari:

- il primo è sottostimare le anomalie (esempio tipico: “non puo’ scendere ancora…”);

- il secondo è non aver fiducia in ciò che si vede (es.: “sembro l’unico a voler comprare, avro’ torto?”).

Il primo Errore Fatale ha a che fare con un peccato di orgoglio, mentre il secondo ha a che fare con la scarsa fiducia nel proprio metodo di lavoro. Entrambi portano danni pesanti, sia a livello finanziario che psicologico.

La sintesi del primo Errore Fatale è la Legge della Rovina Statistica. Se da un capitale iniziale di 100 Euro perdete il 50%, restate con 50 Euro (100-(100*50/100)=50). Ma se, partendo da 50 Euro, riguadagnate la stessa percentuale che avete perso – il 50% – arrivate a 75 Euro (50+(50*50/100)=75)!
La Legge della Rovina Statistica dimostra che la possibilità di recupero del valore iniziale del capitale perduto è quindi inversamente proporzionale alla perdita. Per comprendere meglio il concetto, ecco una tabella che mette in relazione la perdita con il recupero necessario per ripristinare il capitale iniziale.



La relazione tra le due grandezze puo’ anche essere visualizzata attraverso un grafico.


Cominciamo a entrare nel merito della questione con un esempio concreto, preso dalla storia recente di una blue chip italiana: Unicredito.

Questo è il grafico mensile di Unicredito dal 1984 a inizio 2012. I pivot points (i massimi e minimi che sono stati seguiti da grandi movimenti) sono stati arrotondati per semplicità.

Come si vede, gli swings sono impressionanti: le variazioni percentuali sono sintetizzate in questa tabella.


Anche ipotizzando che le quotazioni siano su un minimo (cosa impossibile da sapere a priori), per ritornare a 17, cioè sul massimo di fine 2009 da cui è partita l’ultima discesa, Unicredito da 2.5 dovrebbe riguadagnare il 580%. Per tornare invece sul massimo assoluto del 2007, dovrebbe guadagnare oltre 1500%. Ma anche solo per tornare nell’area da cui è partita l’ultima discesa, cioè 10, dovrebbe recuperare il 300%. Si tratta di variazioni enormi. Si tratta anche di variazioni allettanti. In ogni modo, si tratta di variazioni che – se mai avverranno – richiederanno periodi indecifrabili per avvenire: pochi mesi o forse molti anni. Nessuno lo sa.
Ma se ci mettiamo nei panni di un cassettista, gran parte dell’appeal di queste fantastiche variazioni scompare. Ad esempio, tenendo conto anche del pagamento dei dividendi, solo chi avesse comperato tra il 1984 e il 1992 in prossimità dei minimi potrebbe dichiararsi sereno sul proprio investimento. Chi, invece, avesse comperato in qualsiasi altro momento, si ritroverebbe a dover sperare in performances spaziali del titolo, solo per poter tornare in pari col proprio investimento inziale. Sui mercati, la speranza è un lusso.
In termini concreti, ha quindi senso provare a comprare Unicredito a 2.5 Euro? E perché lo si dovrebbe fare? Con che obiettivi? Con che stop? Rispondendo a queste domande, si risponde di fatto al quesito di fondo riguardante l’architrave concettuale dell’intera analisi tecnica: ha senso, in generale, prendere una posizione su un mercato solo sulla base del prezzo e dei movimenti dello stesso?
La prima riflessione è che – come pura azione decisa sulla base del prezzo – acquistare Unicredito a 2.5 Euro non ha alcun senso: certamente, non ha un senso maggiore di averla acquistata nei mesi precedenti a 6, o a 8, o a 10. Oppure, di averla acquistata in un punto qualunque nella sua discesa agli inferi da 40 a 4 Euro. Ogni giorno, a ogni prezzo, l’acquisto di Unicredito ha avuto un suo senso: forte, compiuto, motivato. Sostenuto, tra l’altro, da ragioni che chiunque poteva andare a scovare sia nell’analisi tecnica (ipervenduto, vicino ai supporti, Fibonacci, Elliott ecc.), sia nell’analisi fondamentale (flusso atteso di dividendi, P/E, book value, comparazione con i peers), sia nel cosiddetto buon senso comune (“è scesa troppo”, “non puo’ scendere ancora”, non è mai stata cosi’ bassa” ecc.). Eppure, trading a parte, tutti quelli che l’hanno acquistata, sostenuti o da motivazioni perfettamente razionali o da pura intuizione o da altro, nel giorno di Gennaio 2012 in cui il titolo scende sotto 2.5 Euro stanno perdendo. Alcuni, poi, stanno perdendo molto. La Legge della Rovina Statistica docet. In realtà, guardando il grafico si capisce come solo chi ha acquistato in determinati momenti – ammesso che abbia poi tenuto il titolo per un certo periodo e che l’abbia saputo vendere con profitto – ha veramente “colto l’attimo”, inteso come buy opportunity strategica.
Acquistare a 2.5 quindi non ha, di per sé, alcun valore intrinseco in senso assoluto e non garantisce alcun vantaggio. E’ vero che si acquista a prezzi bassi in relazione alle quotazioni storiche, ma nessuno puo’ garantirvi che Unicredito non vada a 1.5 (nel qual caso sarebbe necessario un incremento del 66% solo per tornare sui prezzi di acquisto che “sembravano” una imperdibile occasione) o a 1, nel qual caso l’incremento per tornare alla pari, senza tener conto della bile e del crollo di autostima, sarebbe del 150%! In ultima analisi, per quanto altamente improbabile (ma non dimentichiamoci Enron, Lehman, Swissair e una marea di casi analoghi “impossibili”) nessuno puo’ escludere in maniera aprioristica il fallimento di Unicredito come di qualunque altro investimento, nel qual caso il valore di cio’ che avete in portafoglio diventa un irrecuperabile zero.
Questa riflessione porta alla conclusione che il prezzo, inteso come valore numerico e in quanto rappresentazione di un “valore teorico” la cui determinazione è, a sua volta, basata su dati che possono essere incompleti o manipolati o male interpretati, non puo’ essere di per sé e in modo autarchico la discriminante decisionale su cui si basa una scelta operativa. Si crea quindi un vuoto apparente, un vacuum decisionale in cui l’analisi tecnica, attraverso le sue componenti meno soggettive, algoritmi e statistica, inserisce alcuni tools di supporto.

Fornisco di seguito un esempio.
Unicredito - L'istogramma sovrapposto al grafico (scala a sin) rappresenta la variazione tra minimo mensile e chiusura di 6 mesi prima - L'indicatore in basso è un RSI modificato, con le trendlines logaritmiche tracciate sui segnali di rottura




Ammesso che l’intenzione sia di tentare di sfruttare una situazione statisticamente anomala come questa, attendere un “segnale”, quale che sia, in queste condizioni di volatilità ha essenzialmente un pro e un contro: il pro è che evita ingressi prematuri e permette di individuare un possibile punto di controllo; il contro è che inevitabilmente porta a non cogliere la prima fase del recupero, spesso - ma non sempre - ipervolatile: nulla osta ad esempio che il titolo/mercato riaccumuli a zig-zag per lunghi mesi prima di ripartire.
Questo case study didattico, gentilmente offerto dal mercato, intende semplicemente evidenziare che nulla sui mercati è scontato, nulla è semplice (se non a posteriori) e che l’abusato binomio rischio-opportunità vale – al di là delle apparenze – in entrambi i sensi.
Non è infrequente che un indice o un titolo perda il 90-95% dai massimi: statisticamente, questo rappresenta nella maggior parte dei casi un “Buy Of A Generation” (es.: borsa USA nel 1932, borsa russa nel 1998), in rari casi (di solito titoli small cap) è la premessa di un default/acquisizione. E’ interessante notare come, nel caso specifico, l’ultima parte della discesa del titolo sia avvenuta in condizioni di mercato del tutto particolari, cioé in un regime di divieto delle vendite “short naked” su titoli bancari e future. Ne consegue che le vendite sono arrivate da chi il titolo lo aveva in portafoglio, presumibilmente in vista dell’aumento di capitale.

Articolo tratto da I.O.

Come cercare di recuperare i soldi investiti in azioni e obbligazioni

Tratto da I.O. un sunto di quanto potrebbe accadere in un prossimo futuro a chi ha mal riposto la propria fiducia....ed i propri soldi

"Ma per i piccoli risparmiatori vittime del crack cosa resta da fare adesso? Tentare di recuperare i soldi persi è impresa titanica in Italia fra studi legali e carte bollate, ma la speranza c’è. Innanzi tutto bisogna individuare eventuali responsabili e poi distinguere fra azionisti e obbligazionisti: i secondi infatti sono più tutelati dei primi in questi casi essendo la società emittente “obbligata” per legge nei loro confronti. La prima cosa da fare tuttavia – come spiega l’Associazione dei Risparmiatori – per gli obbligazionisti che hanno ancora in mano i titoli che presto andranno in default col pagamento della cedola di Marzo è quella di insinuarsi al passivo della società nel tentativo di recuperare qualcosa al termine della procedura di liquidazione. Poi occorre valutare se vi sono gli estremi per promuovere una causa contro l’istituto che ha venduto le obbligazioni ai risparmiatori senza che l’intermediario abbia messo al corrente il cliente dell’elevato rischio dell’investimento in base anche al suo profilo d’investimento. Spesso manca una firma, una manleva o un documento che fa sorgere la responsabilità contrattuale di chi propone l’investimento e per importi inferiori ai 10mila euro a volte le banche, se responsabili, preferiscono risarcire il cliente evitando così onerose spese legali e processuali. Diversamente, per chi ha percepito i bond aderendo all’aumento di capitale, occorrerà valutare le clausole del prospetto informativo di adesione che faceva riferimento a dati di bilancio probabilmente non veritieri, per cui potrebbe essere chiamata in causa anche la società di revisione, il collegio sindacale e la Consob. In ultima istanza – precisa l’associazione – sarà importante vedere se col tempo emergeranno responsabilità penali a carico degli amministratori, ragione per cui sarà possibile costituirsi parte civile in un eventuale processo. Questo ultimo passaggio vale anche per gli azionisti le cui prospettive di recupero delle somme investite in fase di liquidazione, stando agli ultimi dati di bilancio disponibili, è pari a zero. Per costoro, l’unica strada percorribile è appunto quella di promuovere una causa, meglio se collettiva (class action), contro eventuali responsabili del dissesto finanziario di ....... Ma qui, solo il tempo e l’evolversi degli eventi sarà d’aiuto."

13 gen 2012

FTSE MIB 2

Stasera invece girava questo :


Si preannuncia un capitombolo ......

FTSE MIB

Alle 14,23 girava questo grafico :


lo capite Voi ?

12 gen 2012

MARCIONI

......sig. giannini , come mai non ha chiesto al sig. befera se con due stipendi da quattrocentosessantamilaeuro totali è eticamente corretto definirsi servitore dello stato..........??]

il suo collega caporale al ministro patroni griffi chiede conto e ragione di due indennità percepite , la risposta è esilarante , il fariseo la ritiene una partita di giro.......

Ministro, un secondo privilegio di cui ha goduto è di aver percepito per tanti anni due indennità: magistrato amministrativo e capo di gabinetto di molti ministri.
"È un problema che non mi sono posto. Pensavo a una partita di giro per lo Stato".

Due stipendi invece che uno, quale partita di giro?
"Pensavo che l'incarico di capo di gabinetto, per la delicatezza e l'aggravio dell'impegno, giustificasse l'indennità aggiuntiva. Del resto stabilita dalla legge, non da me".

ecco a voi l'altro fariseo dal doppio stipendio , il ministro catricala .

"«Nessuna pietà verso gli evasori, spareremo ad alzo zero», «chi evade le tasse, in un momento come questo, tradisce la patria».«bisogna stringersi intorno ai controllori perchè combattono gli evasori»."

questo signore usufruisce di una sostanziosa partita di giro , per dirla col suo collega di prima......

«Il mio stipendio - dice Catricalà - è paragonato a quello del primo presidente della Corte costituzionale ed è di 500 mila euro e rotti. Ha avuto per l' anno prossimo la decurtazione del 10 per cento e io penso che sia giusto...». Ma Catricalà - fa notare Report - si porta a casa anche i 9 mila euro netti al mese in qualità di fuori ruolo dal Consiglio di Stato. Perché lui non ha fatto come D' Angelo. «Un sacco di volte abbiamo già chiesto, anche a Palazzo Chigi, una legge che vieti il cumulo, che elimini la doppia retribuzione - conclude Linda Sandulli -. Questi sì che sarebbero tagli considerevoli, sprechi eliminati, altro che l' aliquota del 10 per cento prevista da Tremonti a partire da gennaio sui redditi più alti... Ma la verità è che nessuno ci ascolta, perché il sistema riguarda tutti i dipendenti pubblici. E dunque sono diverse le categorie (politici compresi, ndr) che lucrano due retribuzioni lavorando per un solo datore di lavoro, cioè lo Stato. Soldi pubblici, che sborsa Pantalone...»

GIUSTO PER NON DIMENTICARE. A DUE PENSIONATI VIENE APPLICATO IL CUMULO DEI REDDITI .......A DUE PENSIONATI .....CHE HANNO LAVORATO UNA VITA .....CAPITE ? VIENE TAGLIATA AD UNO DEI DUE LA PENSIONE.

STING

POLICE

10 gen 2012

DIRITTI UCG



(per uno sciopero contro il governo, le immagini vanno in onda senza commento)

7 gen 2012

ETF XBR MIB

3 etf che di solito, specialmente i primi due, sono nei click di chiunque.
Non so perchè, ma il primo mi da più garanzie. Quando opero con il secondo ho una percentuale di riuscita bassa. Sarà perchè lo short è sempre più violento del long. Boh.


ETF LEV MIB



ETFS LEV GAS



6 gen 2012

CARTELLE ESATTORIALI

Lancia in resta le associazioni di consumatori sono già partite all’attacco. Tra le mani un piccolo tesoro, carte che potrebbero fare la felicità di decine di contribuenti.

Si tratta infatti di una sentenza emessa dalla Commissione Tributaria regionale della Lombardia che ha dichiarato «giuridicamente inesistente» una multa di 9mila euro perché «notificata solo dai dipendenti di Equitalia a mezzo posta».

Tale modalità di notifica, infatti, se non effettuata da soggetti abilitati, secondo i giudici lombardi, non produce effetti nei confronti dei contribuenti (in pratica è come se la cartella, l’avviso di intimazione di pagamento o l’ipoteca non fossero mai stati notificati). Tutto ciò deriva da un attento esame delle norme che riguardano la notifica degli atti esattoriali in generale e di quella a mezzo posta in particolare.

La vicenda nasce da un ricorso presentato da un contribuente che dopo una verifica agli uffici dell’Esatri era venuto a conoscenza di dover pagare la bellezza di 9.153 euro relativa a Iva del 2003 comprensiva di sanzioni. Il contribuente sosteneva di non aver mai ricevuto la comunicazione, Equitalia con la ricevuta di ritorno alla mano diceva al contrario di aver spedito la raccomandata che era stata ritirata dal custode dello stabile sostenendo che «la notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento». Non così invece per la XXII Commissione Tributaria che, nella sentenza elenca, individuandoli in maniera tassativa, «gli unici soggetti legittimati alla notifica della cartella, ossia: gli ufficiali della riscossione, i messi comunali, gli agenti della polizia municipale altri soggetti sempre opportunamente autorizzati dal Concessionario», ma mai quest’ultimo «direttamente», a mezzo di propri dipendenti.

Una sentenza che rimbalzata alle orecchie delle associazioni dei consumatori ha già riempito i siti web di «petizioni popolari» e minacce di class action.
«Al di fuori dai casi previsti espressamente dalla legge, tutte le notifiche per posta sono da ritenersi inesistenti poiché effettuate da soggetti non appositamente abilitati, spiega l’avvocato Matteo Sances esperto di Diritto tributario e legale della Libera Associazione Consumatori Europei- Inutile dire che tale interpretazione della norma potrebbe portare ad effetti sorprendenti per i contribuenti “morosi”, in quanto non solo avrebbero la possibilità di contestare vecchie cartelle pervenute per posta ma, trattandosi di notifiche “giuridicamente inesistenti”, è come se le somme non fossero mai state richieste, con tutte le conseguenze derivanti da una eventuale prescrizione di vecchi crediti vantati dal Concessionario».
Bocciato dalla Commissione Tributaria anche l’invito di Equitalia a una sanatoria. «La sanatoria si potrebbe fare per una atto nullo - spiegano i giudici - ma non per atti dichiarati giuridicamente inesistenti».
In campo sono scese anche Sos Fisco e Cartellesattioriali.it due associazioni di consumatori che hanno proposto una petizione popolare.
«Sappiamo di cittadini e imprese ridotte sul lastrico a seguito di fermi, ipoteche e pignoramenti portate avanti da Equitalia sulla base di cartelle esattoriali sconosciute - dicono - Per questo siamo impegnati in una battaglia di civiltà volta a sensibilizzare il ministero delle Finanze e il Parlamento affinché si comprenda la necessità di far allegare alle ipoteche e ai pignoramenti inviati da Equitalia almeno copia delle relate di notifica delle cartelle esattoriali per le quali si agisce, in modo da evitare almeno gli errori più grossolani».

BEFANA

Auguri a tutte le donne e ......
(cliccare sulla befana)


....occhio al palo......

4 gen 2012

HAPPY NEW YEAR

MAIRE

Un'industriale e 3 bancari......comunque occhio a UCG settimana prossima.


INTESA

POPOLARE MILANO



POPOLARE SONDRIO

CARIATIDI DEL SISTEMA

Roma - Può un senatore guadagnare la metà del suo barbiere di Palazzo Madama, come lamentano quei parlamentari che per ribattere ai cittadini furenti contro i mancati tagli dicono di prendere intorno ai 5 mila euro? No. Infatti non è così.
Il gioco è sempre quello: citare solo l'«indennità».
Senza i rimborsi, le diarie, le voci e i benefit aggiuntivi. Con i quali il «netto» in busta paga quasi quasi triplica.

Sono settimane che va avanti il tormentone.
Di qua la busta paga complessiva portata in tivù dal dipietrista alla prima legislatura Francesco Barbato, che tra stipendio e diarie e soldi da girare al portaborse ha mostrato di avere oltre 12.000 euro netti al mese.
Di là l'insistenza sulla sola «indennità». E la tesi che le altre voci non vanno calcolate, tanto più che diversi (230 contro 400, alla Camera) hanno fatto sul serio un contratto ai collaboratori e moltissimi girano parte dei soldi al partito. Una scelta spesso dovuta ma comunque legittima e perfino nobile: ma è giusto caricarla sul groppo dei cittadini in aggiunta ai rimborsi elettorali e alle spese per i «gruppi»?
Non sarebbe più opportuno e più fruttuoso nel rapporto con l'opinione pubblica mostrare la busta paga reale, che dopo una serie di tagli è davvero più bassa di quella da 14.500 euro divulgata nel 2006 dal rifondarolo Gennaro Migliore?

Non ha molto senso, questa sfida da una parte e dall'altra centrata tutta su quanto prendono deputati e senatori. Peggio: rischia di distrarre l'attenzione, alimentando il peggiore qualunquismo, dal cuore del problema.
Cioè il costo d'insieme di una politica bulimica: il costo dei 52 palazzi del Palazzo, il costo delle burocrazie, il costo degli apparati, il costo delle Regioni, delle province, di troppi enti intermedi, delle società miste, di mille altri rivoli di spesa che servono ad alimentare un sistema autoreferenziale.

Dice tutto il confronto con le buste paga distribuite, ad esempio, al Senato. Dove le professionalità di eccellenza dei dipendenti, che da sempre raccolgono elogi trasversali da tutti i senatori di destra e sinistra, neoborbonici o padani, sono state pagate fino a toccare eccessi unici al mondo. Tanto da spingere certi parlamentari (disposti ad attaccare Monti, Berlusconi, Bersani o addirittura il Papa ma mai i commessi da cui sono quotidianamente coccolati) ad ammiccare: «Siamo semmai gli unici, qui, a non essere strapagati».

Il questore leghista Paolo Franco lo dice senza tanti giri di parole: «Il contratto dei dipendenti di palazzo Madama è fenomenale.
Consente progressioni di carriera inimmaginabili. Ed è evidente che contratti del genere non se ne dovranno più fare. Bisogna cambiare tutto».
Come può reggere un sistema in cui uno stenografo arriva a guadagnare quanto il re di Spagna?
Sembra impossibile, ma è così. Senza il taglio del 10% imposto per tre anni da Giulio Tremonti per i redditi oltre i 150 mila euro, uno stenografo al massimo livello retributivo arriverebbe a sfiorare uno stipendio lordo di 290 mila euro. Solo 2mila meno di quanto lo Stato spagnolo dà a Juan Carlos di Borbone, 50 mila più di quanto, sempre al lordo, guadagna Giorgio Napolitano come presidente della Repubblica: 239.181 euro.

Per carità, non «ruba» niente.
Esattamente come ......... che conquistò il record mondiale delle baby-pensioni lasciando il posto da bidella a 29 anni col 94% dell'ultimo stipendio, anche quello stenografo ha diritto di dire: le regole non le ho fatte io.
Giusto.
Ma certo sono regole che nell'arco della carriera permettono ai dipendenti di Palazzo Madama, grazie ad assurdi automatismi, di arrivare a quadruplicare in termini reali la busta paga. E consentono oggi retribuzioni stratosferiche rispetto al resto del paese cui vengono chiesti pesanti sacrifici.

Al lordo delle tasse e dei tagli tremontiani, un commesso o un barbiere possono arrivare a 160 mila euro, un coadiutore a 192 mila, un segretario a 256 mila, un consigliere a 417mila.
E non basta: allo stipendio possono aggiungere anche le indennità.
Alla Camera un capo commesso ha diritto a un supplemento mensile di 652 euro lordi che salgono a 718 al Senato.
Un consigliere capo servizio di Montecitorio a una integrazione di 2.101, contro i 1.762 euro del collega di palazzo Madama.
Per non dire dei livelli cosiddetti «apicali».
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai rapporti col Parlamento Antonio Malaschini, quando era segretario generale del Senato, guadagnava al lordo nel 2007, secondo l'Espresso, 485 mila euro l'anno. Arricchito successivamente da un aumento di 60 mila che spappolò ogni record precedente per quella carica.
Va da sé che la pensione dovrebbe essere proporzionale.
E dunque, secondo le tabelle, non inferiore ai 500 mila lordi l'anno.

È uno dei nodi: retribuzioni così alte, grazie a meccanismi favorevolissimi di calcolo, si riflettono in pensioni non meno spettacolari.
Basti ricordare che gli assunti prima del '98 possono ancora ritirarsi dal lavoro (con penalizzazioni tutto sommato accettabili) a 53 anni. Esempio?

Un consigliere parlamentare di quell'età assunto a 27 anni e forte del riscatto di 4 anni di laurea ha accumulato un'anzianità contributiva teorica di 38 anni. Di conseguenza può andare in pensione con 300 mila euro lordi l'anno, pari all'85% dell'ultima retribuzione. Se poi decide di tirare avanti fino all'età di Matusalemme (che qui sono 60 anni) allora può portare a casa addirittura il 90%: più di 370 mila euro sul massimo di 417 mila.

Funziona più o meno così anche per i gradi inferiori.

A 53 anni un commesso è in grado di ritirarsi dal lavoro con un assegno previdenziale di 113 mila euro l'anno che, se resta fino al 60º compleanno, può superare i 140 mila.

Con un risultato paradossale: il vitalizio di un senatore che abbia accumulato il massimo dei contributi non potrà raggiungere quei livelli mai. E tutto ciò succede ancora oggi, mentre il decreto salva Italia fa lievitare l'età pensionabile dei cittadini normali e restringere parallelamente gli assegni col passaggio al contributivo «pro rata» per tutti. Intendiamoci: sarebbe ingiusto dire che le Camere non abbiano fatto nulla. A dicembre il consiglio di presidenza del Senato, ad esempio, ha deciso che anche per i dipendenti in servizio si dovrà applicare il sistema del contributivo «pro rata». Ma come spiega Franco, è una decisione che per diventare operativa dovrà superare lo scoglio di una trattativa fra l'amministrazione e le sigle sindacali, che a palazzo Madama sono, per meno di mille dipendenti, addirittura una decina. Il confronto non si annuncia facile. Anche nel 2008, dopo mesi di polemiche sui costi, pareva essere passato un giro di vite, sostenuto dal questore Gianni Nieddu. Ma appena cambiò la maggioranza, quella nuova non se la sentì di andare allo scontro.

E tutto si arenò nei veti sindacali. Stavolta, poi, la trattativa ha contorni ancora più divertenti. Controparte dei sindacati è infatti la vicepresidente del Senato Rosy Mauro, esponente della Lega Nord, partito fortemente contrario alla riforma delle pensioni e sindacalista a sua volta: è presidente, in carica, del Sinpa, il sindacato del Carroccio.
Nel frattempo, chi esce ha la strada lastricata d'oro.

Il consigliere parlamentare «X» (alla larga dalle questioni personali, ma parliamo di un caso con nome e cognome) ha lasciato il Senato a luglio del 2010 a 58 anni. Da allora, finché non è entrato in vigore il contributo triennale di solidarietà per i maxi assegni previdenziali, palazzo Madama gli ha pagato una pensione di 25.500 euro lordi al mese: venticinquemilacinquecento.

Per 15 mensilità l'anno.
Spalmandoli sulle 13 mensilità dei cittadini comuni 29.423 euro a tagliando.

Da umiliare perfino l'ex parlamentare Giuseppe Vegas, oggi presidente della Consob, che da ex funzionario del Senato, sarebbe in pensione con 20 mila.

Neppure il commesso «Y», assunto a suo tempo con la terza media, si può lamentare: ritiratosi nello stesso luglio 2010, sempre a 58 anni, ha diritto (salvo tagli tremontiani) a 9.300 euro lordi al mese. Per quindici.
Vale a dire che porta a casa complessivamente oltre 20mila euro in più dello stipendio massimo dei 21 collaboratori più stretti di Barak Obama.

Sono cifre che la dicono lunga su dove si annidino i privilegi di un sistema impazzito sul quale sarebbe stato doveroso intervenire «prima» (prima!) di toccare le buste paga dei pensionati Inps.

I bilanci di Camera e Senato del resto parlano chiaro.
Nel 2010 la retribuzione media dei 1.737 dipendenti di Montecitorio, dall'ultimo dei commessi al segretario generale, era di 131.585 euro: 3,6 volte la paga media di uno statale (36.135 euro) e 3,4 volte quella di un collega (38.952 euro) della britannica House of Commons.
E parliamo, sia chiaro, di retribuzione: non di costo del lavoro.
Se consideriamo anche i contributi, il costo medio di ogni dipendente della Camera schizza a 163.307 euro.
Quello dei 962 dipendenti del Senato a 169.550.
E non basta ancora.
Perché nel bilancio del Senato c'è anche una voce relativa al personale «non dipendente», che comprende consulenti delle commissioni e collaboratori vari, ma soprattutto gli addetti a non meglio precisate «segreterie particolari».
Con una spesa che anche nel 2011, a dispetto dei tagli annunciati, è salita da 13 milioni 520 mila a 14 milioni 990 mila euro.
Con un aumento, mentre il Pil pro capite affondava, del 10,87%: oltre il triplo dell'inflazione.

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NON HO IMPARATO ....

Ho imparato ...che nessuno è perfetto.Finché non ti innamori.

Ho imparato... che la vita è dura... Ma io di più!!!

Ho imparato...che le opportunità non vanno mai perse. Quelle che lasci andare tu.... le prende qualcun altro.

Ho imparato... che quando serbi rancore e amarezza la felicità va da un'altra parte.

Ho imparato...Che bisognerebbe sempre usare parole buone.... Perchè domani forse si dovranno rimangiare.

Ho imparato... che un sorriso è un modo economico per migliorare il proprio aspetto.

Ho imparato...che non posso scegliere come mi sento...Ma posso sempre farci qualcosa.

Ho imparato...che è meglio dare consigli solo in due circostanze...Quando sono richiesti e quando ne dipende la vita.

Ho imparato...che quando tuo figlio appena nato tiene il tuo dito nel suo piccolo pugno... ti ha agganciato per la vita.

Ho imparato... che tutti vogliono vivere in cima alla montagna.... Ma tutta la felicità e la crescita avvengono mentre la scali.

Ho imparato.... che bisogna godersi il viaggio e non pensare solo alla meta.

2 gen 2012

DOMANDA & OFFERTA

ANNUNCIO: Splendida 28enne cerca uomo con guadagno di almeno 500mila $. 
Una donna di New York ha scritto a un sito di finanza americano chiedendo consigli su come trovare un marito ricco: già ciò di per sé é divertente, ma il meglio della storia é quello che un tizio le ha risposto.
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LEI: Sono una ragazza bella (anzi, bellissima) di 28 anni. Sono intelligente e ho molta classe.
Vorrei sposarmi con qualcuno che guadagni minimo mezzo milione di dollari l'anno.
C'é in questo sito un uomo che guadagni ciò?
Oppure mogli di uomini milionari che possono darmi suggerimenti in merito?
Ho già avuto relazioni con uomini che guadagnavano 200 o 250 mila $, ma ciò non mi permette di vivere in Central Park West.Conosco una signora che fa yoga con me, che ha sposato un ricco banchiere e vive a Tribeca, non é bella quanto me, e nemmeno tanto intelligente.Quindi mi chiedo, cos'ha fatto x meritare ciò e perché io non ci riesco?Come posso raggiungere il suo livello?----------------------
 
RISPOSTA DI UN LUI....

LUI: Ho letto la sua e-mail con molto interesse, ho pensato profondamente al suo caso e ho fatto una diagnosi della sua situazione. Premetto che non sto rubando il suo tempo, dato che guadagno 500 mila $ l'anno. Detto ciò, considero i fatti nel seguente modo: quello che Lei offre, visto dalla prospettiva di un uomo come quello che Lei cerca, é semplicemente un pessimo affare. E ciò per i seguenti motivi: lasciando perdere i blablabla, quello che Lei suggerisce é una negoziazione molto semplice. Lei offre la sua bellezza fisica e io ci metto i miei soldi. Proposta molto chiara, questa. Ma c'é un piccolo problema. Di sicuro, la Sua bellezza diminuirà poco a poco e un giorno svanirà, mentre é molto probabile che il mio conto bancario aumenterà continuamente. Dunque, in termini economici, Lei é un attivo che soffre di deprezzamento, mentre io sono un attivo che rende dividendi. Lei non solo soffre un deprezzamento ma questo é progressivo ed aumenta ogni anno! Spiego meglio: oggi Lei ha 28 anni, é bella e continuerà così x i prossimi 5/10 anni, ma sempre un pò meno e all'improvviso, quando Lei osserverà una foto di oggi, si accorgerà che é diventata una pera raggrinzita. Questo significa, in termini di mercato, che oggi lei è ben quotata, nell'epoca ideale x essere venduta, non x essere comprata. Usando il linguaggio di Wall Street, chi la possiede oggi deve metterla in "trading position" (posizione di commercio), e non in "buy and hold" (compra e tieni stretto), che, da quanto sembra, é quello per cui Lei si offre. Quindi, sempre in termini commerciali, il matrimonio ("buy and hold") con Lei non é un buon affare a medio/lungo termine. In compenso, affittarla per un periodo, può essere, anche socialmente, un affare ragionevole e potremmo pensarci su... Potremmo avere una relazione per un certo periodo..... Huuummm.... Pensandoci meglio e per assicurarmi quanto intelligente, di classe e bellissima lei é, io, possibile futuro "affittuario" di tale "macchina", richiedo ciò che é di prassi: fare un test drive. La prego di stabilire data e ora. Cordialmente
Suo Investitore--------------------
 
 
Liberamente copiato dalla rete .Mi offro di fare il test drive ..a spese mie...

Rendite Finanziarie – Nuova tassazione

La nuova normativa si riferisce ai Redditi percepiti da residenti in Italia non imprenditori, dal 1° gennaio 2012, con il Decreto Legge n. 138/2011 convertito nella Legge n.148/2011 e il D.l. 216/2011, il regime di tassazione di tutte le rendite finanziarie, redditi di capitale e redditi diversi, sarà unificato introducendo un’unica aliquota di ritenuta o imposta del 20%.

Qui di seguito, riporto l’ estratto della comunicazione ricevuta da un istituto finanziario, in relazione alla nuova normativa, comprensiva di liste semplici e dettagliate sui titoli a cui viene applicata e sui tipi di calcolo che verranno effettuati per determinare interessi, Plusvalenze e Minusvalenze.

CONTI CORRENTI E DEPOSITI LIBERI O VINCOLATI:
Dal 1° gennaio 2012, sugli interessi di conto corrente liberi e depositi liberi o vincolati, la tassazione passa dal 27% al 20%.

Per le linee vincolate nel 2011 e con scadenza nel 2012 l’imposta sugli interessi sarà dovuta nella misura del 27% per la quota maturata fino al 31 dicembre 2011 e al 20% per la quota maturata nel corso del 2012

INVESTIMENTI FINANZIARI – REDDITI DI CAPITALE E REDDITI DIVERSI :

La tassazione passa dal 12,50% al 20% su plusvalenze, dividendi, interessi, proventi derivanti da investimenti finanziari in:

Azioni, Obbligazioni, Fondi comuni d’investimento, Sicav, Etf, Etc, Covered warrant, Derivati, Pronti contro termine, Prestito Titoli.

Categorie privilegiate :

La riforma prevede che l’imposta unica del 20%, sia sui redditi di capitale che sui redditi diversi, non sia applicata per le categorie cosiddette “privilegiate ”:

- Obbligazioni emesse da stati esteri se compresi nella White List

- Titoli di Stato Italiani e quelli con regime equiparato

- Titoli di risparmio per l’economia meridionale

- Piani di risparmio a lungo termine

REDDITI DIVERSI (CAPITAL GAIN)

Le plusvalenze realizzate a partire dal 01/01/2012 (valuta di regolamento) saranno soggette alla nuova aliquota del 20%.

Cosa succede alle minusvalenze al 31 dicembre 2011

Tutte le minusvalenze accantonate alla fine dell’anno 2011, in regime amministrato, saranno portate in deduzione delle plusvalenze realizzate successivamente, per una quota pari al 62,50% del loro ammontare.

Tutte le minusvalenze realizzate a partire dal 1° gennaio 2012 saranno riconosciute per il loro intero ammontare.

Esempio di calcolo:

Minusvalenza : al 31/12/2011 € 1.000 al 01/01/2012 € 625 ( 62,50% di € 1.000)

Per i titoli privilegiati il mantenimento dell’aliquota del 12,50% verrà realizzato applicando l’aliquota del 20% alle plusvalenze realizzate a partire dal 1° gennaio 2012, alle quali verrà assegnata una “rilevanza fiscale” pari al 62,50%.

Plusvalenze titoli privilegiati : al 31/12/2011 € 1.000 dal 01/01/2012 € 625 (62,50% di € 1.000)

Imposta : al 31/12/2011 € 125 (12,50% su € 1.000,00) dal 01/01/2012 (20% su € 625)

REDDITI DI CAPITALE

La tassazione passa dal 12,50% al 20% su dividendi, interessi, proventi derivanti da investimenti finanziari in:

Azioni, Obbligazioni, Fondi comuni d’investimento, Sicav, Etf, Pronti contro termine, Prestito Titoli (in caso di redditi di capitale soggetti alla tassazione del 27%, l’aliquota passa dal 27% al 20%).

Opzione di affrancamento :

La riforma prevede la possibilità di avvalersi della cosiddetta opzione di “affrancamento” che permette di utilizzare i valori al 31/12/2011 per il calcolo dei redditi diversi realizzati dal 01/01/2012.

Nella fattispecie l’affrancamento consente di applicare l’aliquota del 12,50% sulle plusvalenze potenziali al 31 dicembre 2011 e far emergere le minusvalenze potenziali alla medesima data, determinate valorizzando il proprio patrimonio ai prezzi del 31 dicembre 2011.

In caso di investitore soggetto al regime del risparmio amministrato, la richiesta di esercizio dell’opzione di affrancamento può essere fatta per deposito titoli.

Questo significa che saranno affrancate tutte le attività finanziarie, incluse in ciascun deposito titoli ed eventuali sottodepositi, possedute al 31/12/2011 ed ancora presenti al momento dell’esercizio dell’opzione.

In presenza, dunque, di depositi cointestati ed eventuali sottodepositi sarà necessaria la dichiarazione di volontà di avvalersi dell’opzione di affrancamento da parte di tutti i titolari del rapporto.

Le attività finanziarie oggetto di affrancamento saranno valutate ai prezzi ufficiali di fine anno, reperibili sull’ estratto conto titoli di dicembre.
Per i titoli esteri la valorizzazione farà riferimento al tasso di cambio ufficiale BCE del 31 dicembre 2011 che è disponibile anche sul sito della Banca Centrale Europea.

Le plusvalenze da affrancamento saranno assoggettate all’aliquota del 12,50% ed il valore dell’imposta sarà prelevata direttamente dal conto corrente che dovrà avere la provvista necessaria disponibile.

Le eventuali minusvalenze da affrancamento potranno essere utilizzate nella misura del 62,50% nei quattro anni successivi.

L’opzione può essere esercitata fino al 31 marzo 2012 attraverso la sottoscrizione di un apposito modulo che verrà reso disponibile a partire da gennaio.

In caso di investitore in regime di dichiarazione la scelta di avvalersi dell’opzione di affrancamento dovrà essere espressa in sede della propria dichiarazione dei redditi annuale su tutti i titoli di proprietà.

Titoli obbligazionari

Tutti i titoli obbligazionari emessi da grandi emittenti e da banche e le obbligazioni domestiche non soggette alla disciplina del conto unico (es. obbligazioni emesse da privati o obbligazioni emesse da banche ma con durata inferiore a 18 mesi) saranno soggetti al cosiddetto conguaglio degli interessi di fine anno maturati sui titoli posseduti alla data del 31/12/2011, in quanto la variazione dell’ aliquota fiscale segue il criterio della maturazione.

Cosa succederà sul conto corrente:
1. addebito dell’imposta al 12,50%
2. accredito dell’imposta al 20%
entrambi calcolati sul rateo maturato al 31 dicembre 2011.

Invece per i titoli obbligazionari soggetti ad aliquota del 27%, a fine anno il conguaglio comporterà:
1. addebito dell’imposta al 27%
2. accredito dell’imposta al 20%
entrambi calcolati sul rateo maturato al 31 dicembre 2011.

A partire dal 01/01/2012 al primo evento fiscalmente rilevante (cedola, rimborso, vendita) verrà applicata l’aliquota fiscale del 20% sul totale degli interessi accreditati.

Tramite il meccanismo descritto la tassazione del 20% verrà applicata limitatamente agli interessi maturati a partire dal 01/01/2012.

Dividendi

La nuova aliquota del 20% si applica ai dividendi incassati dal 01/01/2012 a prescindere dalla data di delibera dell’emittente.

Pronti Contro Termine

Per i Pronti Contro Termine attivati a partire dal 1 gennaio 2012 la tassazione passa dal 12,50% al 20%. Per i Pronti Contro Termine attivati nel 2011 e con scadenza nel 2012 verrà,invece, mantenuta la tassazione del 12,50%.