22 giu 2010

Opzioni Call e Put

Iniziamo un discorso sulle opzioni Call e Put, diversamente note come Covered Warrant o Plain Vanilla, cercando di fare un poco di chiarezza su questo angolo di mondo finanziario molto volatile ma poco conosciuto e sovente demonizzato, non sempre a ragione. Su molti siti di banche e società di affari, esistono diversi manuali tecnici su questo argomento e chi fosse interessato ad addentrarsi in questo mondo, per certi versi entusiasmante, troverà molto materiale didattico, anche di valida fattura. Questi manuali, puramente teorici, benchè validi e propedeutici, non aiutano molto a comprendere l'ambiente di questo mercato, tutto sommato di nicchia, e le trappole di cui è disseminato. Su questi aspetti, per nulla secondari anzi, direi determinanti, intendo cimentarmi tentando di trasmettere le mie esperienze, maturate nell'arco ormai di più di due anni. Logicamente, l'argomento è tale per cui non potrò prescindere, cercando comunque di mantenermi nei limiti della comprensibilità per un neofita, di ricorrere qua e là a termini e definizioni specifiche, per consentire comunque una certa organicità al discorso. La definizione di CALL e PUT, di per sè è molto semplice: si tratta di opzioni a comprare (call) o vendere (put), ad una data stabilita, un determinato quantitativo di uno specifico titolo azionario, fissandone anticipatamente il prezzo. Tali strumenti finanziari, caratterizzati ognuno dal suo codice ISIN, sono emessi e trattati sul mercato Sedex da società emittenti quali banche (es. Unicredit) o società d'affari (es. Goldman Sachs) appositamente autorizzate dalla Consob.
Vediamo però, con un esempio, in cosa consistono. Se acquisto una Call11FSet10, acquisto la facoltà (e non l'obbligo) a comprare, entro una ben precisa data di Settembre 2010, un certo quantitativo di azioni Fiat, al prezzo di 11 Euro. Diciamo subito che, alla scadenza, non sarò obbligato (ma lo potrei esigere) ad acquistare materialmente le azioni in opzione perchè la società emittente, con la sottoscrizione dell'opzione, si impegna a regolarizzare, a mio favore, l'eventuale differenza positiva che ne derivasse dall'operazione.
Questo cosa significa? Significa che se, rifacendomi all'esempio precedente, allo scadere dell'opzione, l'azione valesse 12 Euro, l'emittente mi verserebbe 1 Euro per ogni azione in opzione. Le dolenti note si leverebbero alte nel cielo qualora l'azione, a tale scadenza, valesse meno di 11 Euro perchè, a questo punto, l'emittente non pagherebbe nulla ed io avrei perduto l'intero capitale investito. Ovviamente, nel caso di opzione Put, il ragionamento si inverte. Tutto sommato, possiamo sinteticamente spiegare il Covered Warrant come un normalissimo Warrant, con la differenza che, anzichè scaturire dallo stesso soggetto che ha emesso le azioni sottostanti, è generato e gestito da un soggetto terzo.
A prima vista potrebbe sembrare un investimento dove il rischio supera di gran lunga il beneficio ma non è così. Vedremo però in seguito come l'effetto leva influisca sui Covered Warrant (CW). Per il momento, fermiamoci alla considerazione che, a differenza dei titoli azionari, si tratta di uno strumento finanziario derivato (che deriva cioè il suo valore da un altro titolo) caratterizzato da una precisa scadenza temporale. Una Call 19/09/10, per esempio, cesserà di essere trattata sul mercato di riferimento, da quella precisa data anzi, ad essere precisi, da tre giorni prima. Chi, a quella data, fosse in possesso di un pacchetto di tali opzioni, non avrebbe più possibilità di venderle. Da tutto questo, dovrebbe apparire ovvio che, il valore dell'opzione non risulterà regolato unicamente dalla differenza lineare tra il prezzo corrente dell'azione sottostante e quello imposto alla scadenza, ma sarà la risultante della somma tra questo ed un intrinseco un valore temporale, destinato ad azzerarsi nel tempo. D'altro canto, risulterà ovvio a tutti che, un'opzione ad acquistare Fiat a 11 Euro entro il 12/2012 debba avere un valore maggiore di quella che, a parità di condizioni, scadrà fra tre mesi appena.
Per semplificazione, ho collegato le opzioni Call e Put alle azioni ma, oltre che nei confronti delle Blue Chip, sul mercato esistono opzioni per i "sottostanti" più disparati: indici, materie prime, monete ecc. ma la filosofia dello strumento non cambia. L'emissione di Covered Warrant è a frequenza trimestrale e l'emittente ne da comunicazione attraverso gli organi informativi della Consob. Accade così che, periodicamente, siano consultabili, sul sito di Borsa Italiana (ma non solo), gli elenchi delle nuove emissioni, delle loro caratteristiche, dei rischi connessi, delle modalità di sottoscrizione e di quant'altro previsto dalla normativa vigente. Tra le altre cose, sullo stesso portale, si può trovare il listino (ritardato di 20 min.) di tutti i CW trattabili. Normalmente, le opzioni hanno una durata, a partire dall'emissione, che può andare da un minimo di tre mesi ad un massimo che non supera mai, nei casi estremi, i due o tre anni. Prima di addentrarci nello specifico sarà però opportuno redigere un breve glossario dei termini più ricorrenti

  •  Emittente    la società che emette il titolo 
  • Tipologia    Plain vanilla (altresì Covered Warrant) termine anglosassone che definisce genericamente una negoziazione standard 
  • Sottostante    Titolo cui si riferisce lo strumento 
  • Facoltà        Tipo di opzione (Call o Put) 
  • Strike        Valore convenuto del sottostante 
  • Scadenza    Data in cui scade l'opzione 
  • Rapporto    rapporto  n.azioni/n.opzioni (sull'azionario è solitamente 0,10)

Una caratteristica importante di questi strumenti, oltre all'intuibile e classico utilizzo in termini puramente speculativi, è l'uso che se ne può fare in ottica prettamente di "copertura" su un investimento azionario ma di questo parleremo dopo aver concluso la parte descrittiva dello strumento finanziario.

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