11 ago 2011

E ora aspettiamoci il downgrade dello Sealand

Eccomi di ritorno. Per dire il vero, da tempo avvertivo una certa stanchezza nei confronti dei blog (in senso generale) per cui li ho semplicemente disertati. A dire il vero, sto lavorando ad un mio sito ma non so quando riuscirò a pubblicarlo in versione più o meno definitiva: troppo poco tempo da dedicarci e molte conoscenze ancora da approfondire. Comunque, non sarà incentrato sulla finanza, alla quale desidero dedicarmi ora in maniera meno esclusiva, bensì al computer. La struttura generale sarebbe già pronta ma devo ancora risolvere diversi problemi connessi alle diversità semantiche dell'interprete dei vari browser. In ogni caso, non ho abbandonato la borsa e talvolta do ancora un'occhiata sui blog ed è proprio leggendo la vostra ultima disputa che, come per incanto, ritrovo l'estro per tornare a parlare di qualcosa evitando i soliti ritornelli su resistenze e supporti.
In queste ultime settimane sta accadendo qualcosa che travalica le ormai trite discussioni su destra e sinistra. Questo senza nulla voler levare al giudizio che chiunque può trarre sulla persona che ormai, da quasi un ventennio, ci spappola quotidianamente i gioielli riproduttivi con balle e ritornelli di quart'ordine. In virtù del suo immenso potere economico e mediatico, difficilmente otterremo di essere graziati anzitempo della sua squalificante presenza ma non scordiamo che, se ha potuto erigere questo orwelliano scempio del nostro paese, è perchè un sufficiente numero di cittadini, chi per interesse, chi per semplice inconsapevolezza, lo hanno fermamente voluto e sostenuto nel tempo. Per contraltare, va osservato che i suoi antagonisti politici non è che brillino per virtù, nell'etica come nella caratura politica. Prova ne sia che, se da un lato va stigmatizzato l'ultimo patetico discorso, di pochi giorni fa, del nostro "Piccolo Cesare", rivolto ai mercati, altrettanto sgomento deve ingenerare la sostanziale incapacità dell'opposizione a formulare il benché minimo progetto alternativo. In buona sostanza, siamo nella "nitta": vittime più o meno consapevoli di una classe politica, nel suo complesso inetta, impreparata, pluri pregiudicata (84 condanne e non appartengono certo ad un solo partito), sovente in conflitto di interessi, che non sa e non intende preoccuparsi di alcunché tranne che dell'oggi e di se stessi. Con un simile quadro, mi risulta sinceramente difficile immaginare che si saprà deliberare soluzioni opportune ed eque. Al più, si finirà per frugare ancora nelle solite tasche, alla ricerca di quanto necessita alla bisogna. Alcuni inequivocabili segnali già non mancano, con buona pace degli accondiscendenti compari di merende della Triplice che sicuramente abbaieranno, anche forte ma, al fine, verranno a spiegarci, ancora una volta, che "Non si poteva fare altrimenti; non ci sono alternative: ce lo impone l'Europa, la Merkel, Sarcozy". Ora Geddafi è caduto un po'in disgrazia ma, altrimenti, qualcuno sarebbe capace di tirare in ballo pure lui per spiegarci che le perdite vanno socializzate e che questo significa tartassare i più deboli e salvare i profitti dei ricchi. In fondo, senza ricorrere ai  nostri dotti bizantinismi, non è ciò che hanno rudemente detto e imposto i "Tea Party" a Obama?
Questi Tea Party, che rappresentano pur sempre una minoranza, quantunque economicamente potente, all'interno dello schieramento repubblicano, hanno tenuto in scacco il mondo intero per diverse settimane e, alla fine, hanno ottenuto quasi tutto.
Oggi, una testata, neanche una delle maggiori, con un articolo per altro quasi immediatamente abiurato, è riuscita a causare crolli giganteschi nei mercati mondiali e in quello francese in particolare. Che dire poi degli interventi delle agenzie di rating? Giudizi centellinati cronometricamente: non hai il tempo di rifiatare per lo sconquasso creato dal downgrade della Grecia ed ecco che arriva quello dell'Irlanda. Termina l'odissea con l'Irlanda e, a ruota, si susseguono, ad una ad una, senza soluzione di continuità, prima il Portogallo, poi la Spagna, quindi l'Italia, infine gli USA. Ora (pare) è nel mirino la Francia ma già sui giornali si legge che anche la Russia, nonostante il suo debito ammonti ad appena 17 miliardi, semba avere qualche problema. Che dire poi della famigerata bolla cinese che, come un Armagghedon, potrebbe esplodere in qualunque momento? Per la cronaca, oggi, qualche notizia poco rassicurante la avreste potuta leggere anche sull'India e sul Brasile. Ogni notizia pare una bomba ad orologeria che esplode secondo una sequenza ben preordinata.
In altre parole: bastano quattro tardone inacidite, un giornalista fumato o un funzionario di banca con manie di grandezza per rischiare un tracollo mondiale.
Ora, delle due una: o fino a l'altro ieri si è fatto colpevolmente finta di non vedere e questo, in una qualche misura, è più che probabile, o adesso si sta deliberatamente spargendo terrore ai quattro venti. La realtà sta probabilmente nel mezzo ma una cosa mi pare evidente: i mercati stanno precipitosamente scendendo e si tratta di una discesa controllata. Su tutti i giornali si legge intanto dello spettro del panic-selling e, ci giurerei, qualcuno sarebbe anche capace di affermare di averlo incontrato; magari di sera, in un vicolo buio e malfamato, come in una favola a metà tra il fanciullesco Lupo Cattivo e il granguignolesco Mister Hyde.
Niente di tutto questo. Chi segue il mercato ha ben modo di notare che non c'è alcun panico, per il semplice motivo che i piccoli investitori sono da tempo scomparsi: chi per sana prudenza, chi per sfinimento ma se ne sono andati. Chi opera sono esclusivamente i grossi investitori e non riesco proprio a figurarmelo un hedge found o una banca vittime del panico borsistico. Prova ne sia che i volumi, sebbene siano ultimamente aumentati, sono ancora ben lontani da quelli di tre anni fa (almeno a Milano) e che resistenze e supporti continuano a svolgere la loro funzione. Certo, si scende e ultimamente anche con una certa celerità ma i supporti vengono superati e non travolti come accadeva tre anni fa: a fine seduta il prezzo si ferma sul supporto, sovente con precisione quasi maniacale; è la notizia del giorno successivo a spegnere il rimbalzo e a portarci, dopo una giornata solitamente di estenuante attesa, sul supporto successivo. Questo non è panic-selling, tanto più in presenza di una volatilità estrema che genera plusvalenze multiple del semplice differenziale min-max.
Quando, a suo tempo, si discuteva sulla validità del rimbalzo violento che seguiva al crollo del 2009, ricordo che affermai, in più occasioni, che l'inversione di tendenza non aveva credibilità proprio a causa dei ridotti volumi di contrattazione e che probabilmente, giunti ad un certo livello, il gioco si sarebbe fermato. Avremmo vissuto quindi un periodo più o meno lungo di estenuante lateralità per poi ridiscendere. Solo a quel momento si sarebbe potuto sperare in un trend positivo e affidabile di lungo periodo perché è impensabile che i grossi investitori possano posizionarsi in un mercato asfittico e, per di più, con i prezzi già a metà strada. Se facciamo semplicemente mente locale ai fondamenti dell'AT, ci rendiamo conto che non v'è nulla di insolito in tutto questo: per definire un trend occorre la presenza di una particolare conformazione di massimi o di minimi ed una ben determinata evoluzione dei volumi; se manca uno di questi elementi, non abbiamo di fronte a noi un trend ma un'illusione.
I mercati quindi, nell'immediato futuro, continueranno probabilmente a scendere. Fino a dove? Difficile dirlo anche se, visto ormai la rottura degli ultimi importanti supporti, l'eventualità del tanto temuto double-deep non è più così tanto remota. Nel frattempo, il sistema economico mondiale pare aver tutta l'intenzione di voler sistemare le economie a spese unicamente dei ceti già ora meno abbienti; in questo senso stanno chiaramente volgendo, con la sola esclusione della piccola Islanda, le politiche degli stati europei come quella degli USA. Ecco perché, prendersela ora con il nostro "Ghe pensi mì" è inutile e fuorviante: ormai è un re nudo, al quale i poteri mondiali hanno messo il guinzaglio e noi, per aver osannato per tanti anni un simile figuro e i suoi tanti lacchè, non recupereremo tanto facilmente la nostra onorabilità di fronte al mondo. D'altro canto, i suoi antagonisti non sono poi tanto migliori,sono semplicemente meno ricchi. In ogni caso, chi lo seguirà, dovrà dar conto del suo operato non agli elettori ma alle regole della finanza che stanno rapidamente sovvertendo l'ordine mondiale. La fattoria di Orwell sta per diventare una tragica realtà.

1 commento:

  1. Ciao Matisse..disputa ? No uno scambio di vedute che non coincidono.. tutto quà..
    Prossimi mercati che verranno pelati ..Inghilterra et Germany..con la Francia hanno vita facile,visto le esposizione bancarie..ma non è ancora finita con la Spagna..Mi spiace contraddirti ma non tutti i piccoli sono spariti,alcuni tra cui il sottoscritto si divertono con questi umori,basta seguire l'onda e ormai sono anni che ho imparato a farlo...Attendo notizie del nuovo blog...

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